CANTI PARTIGIANI - DAI PAESI LIBERATI - LINA VACCHI
(In 'Guerra di Liberazione', Edito a cura del Ministero dell'Italia occupata - gennaio 1945)
CANTI PARTIGIANI
I
Partigiano,
Una fede ci lega e c'infiamma:
Alza al vento la rossa orifiamma
Come falchi dal monte sul piano
Noi caliamo e giustizia sarà.
Partigiano,
Nudo e scalzo nel gelido vento,
Riscaldato, da un fervido amore,
A vendetta discendi, il lamento
Del tuo popolo pronto a lenir.
Partigiano,
Cosa importa se il pianto e la morte
Ci separan dai figli? La sorte
E' una sola ma grande, ed il canto
Uno solo: 'giustizia sarà'.
Partigiano,
Siam legati da un vindice ardore
Contro il barbaro sangue nemico,
Se io muoio m'abbraccia un amico,
Vita e onore son vivi per te.
Partigiano,
Il compagno che muore è uno solo:
Diecimila il suo posto vorranno;
Se anche mille a quel posto cadranno
Una fede immortale vivrà.
II
E noi farem del monte un baluardo
saprem morire e disprezzar la vita:
per noi risorgerà la nuova Italia
con la guerriglia.
Per le vittime nostre invendicate,
per liberar l'oppressa nostra gente,
ritorna sempre invitto nella lotta
il patriotta.
Il nostro grido è: 'libertà o morte';
sull'aspro monte ci siam fatti lupi:
al pian scenderemo per la battaglia,
per la vittoria.
Famelici di pace e di giustizia
annienterem fascismo ed i tiranni:
rossi di sangue e carichi di gloria
nel fior degli anni.
Ai nostri morti scaverem la fossa,
sulle rupestri cime sarà posta:
per lor risorgerà la nuova Italia
con la guerriglia.
DAI PAESI LIBERATI
Il giornale 'Il Combattente', organo dei Volontari della Libertà di tutta Italia, pubblica un panorama della situazione nelle zone liberate, quale risulta da rapporti giunti dall'Emilia, dal Veneto, dalla Liguria, Piemonte, Lombardia:
"Vallate e paesi sono state liberate dalle forze patriottiche dappertutto accolte con entusiasmo e sostenute e appoggiate dalla popolazione. Sorgono le giunte popolari, si costituiscono ovunque Comitati di Liberazione e, quello che più è importante, ovunque giovani si arruolano, squadre locali si offrono per la guardia, per i trasporti e per la difesa attiva contro i nazi-fascisti.
I nostri valligiani sanno che i banditi tedeschi e fascisti potrebbero anche -per breve ora- tornare, sanno che la rappresaglia sarebbe feroce, ma non per questo chiedono che si rinunci alla lotta. che si attenda. Chiedono armi invece, organizzano la difesa, la ritirata quando è necessario, provvedono a mettere al sicuro i beni e il bestiame. Essi sanno del resto che le case incendiate saranno ricostruite, sanno che i sacrifici sostenuti varranno a far terminare prima questa guerra sterminatrice, a rendere indipendente e libera l'Italia, sanno che i morti devono essere vendicati e che per vendicarli non c'è che un modo: combattere. Per questo aiutano i partigiani, riconoscono in essi i figli del popolo. I partigiani dalla loro parte provvedono ad assicurare l'ordine reprimendo il banditismo, distribuiscono i generi ammassati dai fascisti, indennizzano con quanto prendono al nemico le vittime della repressione. I partigiani epurano le valli dalle spie e dagli sgherri fascisti, permettendo così la creazione delle libere amministrazioni comunali, le difendono, ne garantiscono con la loro forza l'autorità.
Nasce la nuova democrazia nella lotta: chi combattendo l'acquista ne è il miglior difensore e il miglior missionario delle idee di giustizia, di libertà, di partecipazione di tutti alla vita del paese. Plaghe montane che parevano precluse ad ogni vita attiva, popolazioni che il fascismo aveva tenuto nell'ignoranza perché non conoscessero i loro diritti e non trovassero la via per difenderli sono oggi, mercé i partigiani e con i partigiani, all'avanguardia della lotta per l'Italia nuova, lotta armata contro i tedeschi invasori e i traditori fascisti.
Popolo e partigiani uniti cacciano il nemico: l'Italia libera non nè soltanto quella al di là delle linee alleate, l'Italia libera è ormai una realtà in molte zone per valore di popolazioni nostre e per merito di armi italiane."
LINA VACCHI
Lina Vacchi era figlia di operai. Insieme ad alcune altre operaie coscienti e animose capeggiò lo sciopera compatto della sua maestranza nel marzo 1943 in segno di solidarietà con gli operai dell'alta Italia ed in seguito a ciò arrestata. Rilasciata dopo una settimana, fu in seguito cercata più volte dagli sgherri delle 'brigate nere' riuscendo ad eludere i loro piani. Ma già alcune sue compagne di lavoro erano state arrestate: nella città si aveva il presentimento o perlomeno il timore di qualche violenza da parte della teppaglia fascista.
Il 21 agosto verso sera Lina Vacchi venne arrestata nella fabbrica. Gettata in una sudicia cella, non le fu concesso di unirsi alle compagne. Sottoposta a continui interrogatori essa disse poche parole, alla minaccia rispose con il suo sorriso. Alla domanda che le rivolse uno degli accusatori per toglierle di bocca il nome di chi secondo loro l'avrebbe pagata per fare lo sciopero, rispose ridendo che gli scioperi si fanno appunto perché non vengono pagati e che gli unici colpevoli degli scioperi sono proprio quelli che non li vogliono.
Ad una compagna che riuscì ad avvicinarla, essa confida con disprezzo: 'Quei vigliacchi non sanno che minacciare.'
Infatti l'ultima minaccia fu quella dell'impiccagione. La Lina, sprezzante, canta tornando dall'interrogatorio.
E la minaccia si effettua. Il 25 agosto, a Ravenna è condannata ad assistere alla fucilazione di altre dieci vittime, e all'impiccagione di un gappista. Da sola si mette il nodo scorsoio e dice agli assassini: 'Credete che abbia paura? State pur certi però che tra breve seguirete anche voi la stessa sorte.' Nessuna deformazione fisica nel suo volto e nel suo corpo. La Bionda, come la chiamavano, sembra dormire: il suo aspetto sereno pare ingannare e superare la morte.
Per tutta la giornata, come in pellegrinaggio, i cittadini passarono davanti alle vittime lasciate esposte sotto la sferza del sole per dileggio e vigliaccheria dei nazi-fascisti, i quali si erano affrettati ad abbandonare il posto.
In quell'angoscia, la madre della Lina rimase sempre là, attaccata disperatamente alla sua figliola, illudendosi che ancora respirasse.
Tutto questo ricordano le compagne di lavoro, le donne dei gruppi di Ravenna, ma esse, come tutte le coscienti figlie d'Italia, sanno che non basta ammirare il suo comportamento eroico. Sanno che la Vacchi ha insegnato loro che per una causa nazionale e collettiva si può essere pronti a sacrificare la vita." (@G.M.)
Il 21 agosto verso sera Lina Vacchi venne arrestata nella fabbrica. Gettata in una sudicia cella, non le fu concesso di unirsi alle compagne. Sottoposta a continui interrogatori essa disse poche parole, alla minaccia rispose con il suo sorriso. Alla domanda che le rivolse uno degli accusatori per toglierle di bocca il nome di chi secondo loro l'avrebbe pagata per fare lo sciopero, rispose ridendo che gli scioperi si fanno appunto perché non vengono pagati e che gli unici colpevoli degli scioperi sono proprio quelli che non li vogliono.
Ad una compagna che riuscì ad avvicinarla, essa confida con disprezzo: 'Quei vigliacchi non sanno che minacciare.'
Infatti l'ultima minaccia fu quella dell'impiccagione. La Lina, sprezzante, canta tornando dall'interrogatorio.
E la minaccia si effettua. Il 25 agosto, a Ravenna è condannata ad assistere alla fucilazione di altre dieci vittime, e all'impiccagione di un gappista. Da sola si mette il nodo scorsoio e dice agli assassini: 'Credete che abbia paura? State pur certi però che tra breve seguirete anche voi la stessa sorte.' Nessuna deformazione fisica nel suo volto e nel suo corpo. La Bionda, come la chiamavano, sembra dormire: il suo aspetto sereno pare ingannare e superare la morte.
Per tutta la giornata, come in pellegrinaggio, i cittadini passarono davanti alle vittime lasciate esposte sotto la sferza del sole per dileggio e vigliaccheria dei nazi-fascisti, i quali si erano affrettati ad abbandonare il posto.
In quell'angoscia, la madre della Lina rimase sempre là, attaccata disperatamente alla sua figliola, illudendosi che ancora respirasse.
Tutto questo ricordano le compagne di lavoro, le donne dei gruppi di Ravenna, ma esse, come tutte le coscienti figlie d'Italia, sanno che non basta ammirare il suo comportamento eroico. Sanno che la Vacchi ha insegnato loro che per una causa nazionale e collettiva si può essere pronti a sacrificare la vita." (@G.M.)
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