martedì 29 maggio 2018

BRUNO MUNARI e L'IKEBANA: un ritrovamento interessante.

IKEBANA

Graphic design di Bruno Munari

di Jenny Banti Pereira - Maestro d'arte della scuola Ohara
(Club degli Editori - Milano, 1963)



"Venuto in uso nel sec. XVIII, il termine stava ad indicare in modo generico qualsiasi composizione naturale di fiori o di piante esistente nella tradizione, ad eccezzione del Rikka. In tale senso è usato ancor oggi, sebbene arricchito di tutte quelle accezioni e quelle sfumature che è andato acquistando nel volger dei tempi: Rikka o Chabana, Shoka o Nageire, cioè, di volta in volta, ieratica costruzione geometrica o ascetica composizione intuitiva; formalismo calligrafico o ricerca espressionistica; scultura o disegno, nel gusto e secondo l'intenzione e il ritmo di vita della società che lo generava.
Fiori viventi, composizione naturale, arte di disporre i fiori alla maniera giapponese." (dall'introduzione)



"E' da lungo tempo che Jenny Banti Pereira si dedica all'ikebana e profonda e non comune è la conoscenza che essa ha della storia di quest'arte particolarissima e della cultura classica giapponese.
Perciò quest'opera non è soltanto una illustrazione del mondo dell'ikebana dedicata al lettore italiano, ma un valido aiuto per lui a capire la vita e la storia del Giappone.
Per me che ho avuto il piacere di accogliere Jenny Banti Pereira nella scuola Ohara, la pubblicazione di questo volume è veramente una grande gioia."
(Houn Ohara - Capo della Scuola Ohara di Ikebana. Dicembre 1963)



Ogni tanto capita di fare qualche interessante ritrovamento.
In questo caso si tratta di un volume stampato 55 anni fa dalla casa editrice 'Club degli Editori - Milano' della Mondadori. Un marchio ai tempi non certo prestigioso, ma collegato a partire dal 1960 alla vendita per corrispondenza di riedizioni di romanzi contemporanei solitamente già pubblicati da altri editori, proposti nella formula di un acquisto al mese.
Perchè allora parlo di un ritrovamento interessante? Intanto perchè questo volume non è una ristampa, bensì una prima edizione di una autrice, Jenny Banti Pereira, scomparsa tre anni fa, apprezzata maestra e fondatrice della prima sezione europea della Scuola di Ikebana Ohara. Ma oltre ad essere una prima edizione, si tratta della sua prima pubblicazione.
Inoltre, cosa curiosa, la pubblicazione 'mi' è stata dedicata (...nel senso che è stata dedicata 'a Giorgio' :-) ) e quindi, forse, era proprio destino che fossi io a ritrovarla.


Ma venendo a considerazioni più serie, ciò che impreziosisce particolarmente questo volume è la cura grafica affidata a Bruno Munari, che come è noto, dal 1960 al 1966, ha curato le sovra-copertine di decine di volumi del Club degli Editori (dei volumi che uscivano, appunto, uno al mese), e che non faticherete a trovare per pochi spiccioli su qualche bancarella dell'usato (tranne le prime dodici del 1960, quasi introvabili, alcune delle quali illustrate nella prossima immagine).


Lo stesso Munari che viene ringraziato dall'autrice "per la sollecitudine e l'interesse portati alla realizzazione di quest'opera."


Interessanti, infine, le considerazioni sui cromatismi dei colori puri o primari ( il rosso, l'azzurro e il giallo) e di quelli complementari o secondari o composti ( il verde -azzurro più giallo-, l'arancio -rosso più giallo- e il viola -rosso più azzurro-) illustrati nel 'circolo cromatico'. Come afferma l'autrice: "La disposizione a ruota dei colori di questo sistema risulta di particolare evidenza, poiché consente la visualizzazione immediata dei rapporti cromatici , e di ogni possibilità di accordo o di contrasto."




Ma questo ritrovamento si collega anche alla particolare passione di Munari per il Giappone, particolarmente evidente nelle sue ultime produzioni dedicate agli Alberi. Come scrive lui stesso:
"Fra gli ideogrammi cinesi e giapponesi c'è un segno che significa Albero. L'ideogramma vale per tutti i tipi di alberi. Per l'albero dritto come il cipresso, per quello contorto come la sophora japonica piangente. Per il faggio il cui tronco sembra di ghisa e per le betulle sempre in abito primaverile con la corteccia bianca a decorazioni informali. Vale per il pino loricato col tronco coperto di pavé e per il castagno col suo mantello di edera [...]"   
Bruno Munari



E con questo vi saluto. Al prossimo ritrovamento. :-) 

domenica 27 maggio 2018

Il valore aggiunto del Festival dell'Autobiografia 2018


FESTIVAL DELL'AUTOBIOGRAFIA 2018
VIVERE E SCRIVERE IL TEMPO.
Anghiari, 31 agosto/2 settembre 2018.

di Giorgio Macario



3° Step.
Per illustrare questo terzo passaggio sul programma del Festival dell'Autobiografia 2018, mi è venuta incontro l'odierna pubblicazione di 'Robinson', supplemento domenicale de La Repubblica. Nello speciale 'Facciamo Festival' sui 120 'Appuntamenti imperdibili' dell'estate 2018 è compreso, alla voce 'Autobiografia', anche il nostro appuntamento del 31 agosto-2 settembre prossimo ad Anghiari. Scrive Melania Mazzucco: "(...) i festival sono tutti diversi. In Italia un festival è prima di tutto un luogo. Quasi ogni borgo o metropoli ne vanta uno: nel momento in cui lo organizza esibisce anche sé stessa.(...) Il messaggio subliminale è che i libri -e il mondo che li circonda- possano essere qualcosa di bello. (...) In Italia l'autore non è solo il Personaggio in trono sul palco, ma la Persona cui vuoi comunicare le tue idee, raccontare la tua visione del mondo, che appartiene alla tua vita." Nel caso del Festival dell'Autobiografia di Anghiari il valore aggiunto è che non si parla solo di Autori con la A maiuscola -ci sono anche quelli!- ma l'autos-bios-graphein (lo scrivere la storia della propria vita, dove è 'Autobiografia' ad avere l'A maiuscola) assicura un protagonismo diffuso quale difficilmente si incontra in altri festival. Per questo credo si possa dire la proposta del Festival dell'Autobiografia è davvero unica.
Nel pomeriggio di sabato 1 settembre, in particolare, dopo il tempo autobiografico illustrato in relazione a generazioni, lentezza, natura e infanzie, sarà la volta di specifici approfondimenti di libri, ricerche ed esperienze disseminati per tutta Anghiari, con decine e decine di autori provenienti da tutta Italia e non solo. (G.M.)




SABATO 1 settembre - pomeriggio/sera
Ore 15
Teatro di Anghiari
Tempo e generazioni con Paolo Jedlowski
Tempo e lentezza con Giampaolo Nuvolati
Tempo e natura con Gianumberto Accinelli
Tempo e infanzie con Gianfranco Bandini
Introduce Lucia Portis
Ore 18
Ai tavolini dei caffè con autrici e autori: libri, ricerche, esperienze
Scritture d’ infanzia
Biblioteca di Anghiari
conduce Sara Moretti, con le insegnanti e i bambini che hanno partecipato al progetto Nati per Scrivere ad Anghiari, Monica Bertelli, Giovanna Malgaroli, Mariella Pavani, Adele Romiti
Giovanissimi scrittori
Bar Teatro
conduce Lucia Portis, con Teresa Ramunno, Marilena Capellino
Scrivere il tempo della cura
Giardini del Vicario
conduce Elena Camerelli, con Marina Biasi, Marina Olivari, Francesca Caracciolo e Alvise Campostrini, Sonia Possentini
Autobiografie di cura
Caffè dello Sport
conduce Maria Gaudio con Marica Apostolo, Katia Durazzi, Loris Mauro
Nel tempo delle comunità
Palazzo Testi
conduce Carmine Lazzarini, con Roberto Scanarotti, Pietro Celo, Loredana Dragoni e Marisa Nardini, Azio E. Ferrari, Loredana Bobbi, Francesco Ballarini
Da un tempo all’ altro: generazioni
Meridiana
conduce Giorgio Macario con Donatella Alfonso e Nerella Sommariva, Andrea Macario, Sergio Di Paolo, Marisa Moreschini, Giusy Diquattro
Spazio saggistica autobiografica
Showroom Busatti
conduce Caterina Benelli, con Nicolò Terminio, Mariella Sassone, Pierpaolo Casarin e Silvia Bevilacqua, Ludovica Danieli e Donatella Messina, Maria Francesca Pacifico
Spazio letture al leggio:
Pulpito del Teatro
conduce Anna Maria Pedretti, con Mariagrazia Comunale, Francesca Brotto, autori vari
Spazio autobiografie: le autrici e gli autori del corso Graphein 2017 incontrano i loro lettori
Sala del Consiglio – Palazzo Pretorio
conduce Sara Bennati
Aspettare la posta: la comunicazione slow del Circolo di Scrittura Autobiografica a distanza
Bistrot Talozzi
conducono Stefanie Risse e Anna Noferi
Ore 21, 30
Teatro di Anghiari
MemoriaControErosione. Il cibo nella valigia
di Andrea Merendelli e Effetto K
Teatro di Anghiari, EffettoK, Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano


lunedì 21 maggio 2018

Ricordando Don Gallo, con affetto.

Con Don Andrea Gallo, otto anni fa, insieme ad Anghiari. 

Un ricordo che rimane nel tempo. 

Una presenza che riscalda il cuore, ancora oggi.


i.

mercoledì 9 maggio 2018

TERRA - Duccio Demetrio

TERRA  di Duccio Demetrio

Parole per capire, ascoltare, capirsi
Con un contributo di Lidia Maggi
(In Dialogo, Milano, 2018)


                                                                     Presentazione di Giorgio Macario

“Una vedova, senza lavoro e per giunta straniera: cosa può fare, se non ‘spigolare nei campi’, ovvero raccogliere le spighe sfuggite ai mietitori? La legge antica tutela chi si trova nel bisogno. Nessuno può impedire a chi ha fame di raccogliere i resti della mietitura.” Questa una delle citazioni, a ben vedere di stretta contemporaneità, presente nel contributo di Lidia Maggi – teologa che si occupa di formazione biblica-,  che precede le considerazioni di Duccio Demetrio – già docente di filosofia dell’educazione e della narrazione e fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari- sui possibili significati ed implicazioni della parola ‘TERRA’.
La storia evocata da Lidia Maggi è, come lei stessa afferma, una vicenda piccola, una storia di donne che scalda il cuore; intitolata ‘L’icona: il giardino di Rut’ fa da commento al passo biblico (Rut, 1, 1-17). Narra di Rut che non lascia la suocera Noemi, dopo la morte del marito di questa e dei suoi due figli, uno dei quali marito di Rut. Rut non è ebrea, bensì donna di Moab e i Moabiti erano nemici storici di Israele, gente maledetta da Dio. Ciononostante Rut segue la suocera, provvede a lei anche andando a ‘spigolare nei campi’, abbatte i confini, annulla la maledizione, riesce a rifarsi una vita e dare alla luce anche un bambino che sarà nonno di re Davide e, quindi, antenato del Messia. Messaggio che, conclude Maggi, “dà voce a un felice controcanto rispetto a tutti quei movimenti identitari che vedono il futuro solo in una terra posseduta e sigillata e nella separazione dagli altri, i nemici, i diversi.”

Demetrio, per parte sua, affronta il tema della terra con la t minuscola e della Terra con la T maiuscola, partendo nel primo caso da un frammento di Adriana Zarri, teologa, scrittrice e eremita, che pone sì “la terra prima di tutto”, ma evocandola sia come materia prima del mondo, che come materia prima del suo orto e “del vaso di gerani che allieta una finestra di città.” Nel secondo caso, invece, utilizzando le parole poetiche del senegalese Cheikh Tidiane Gaye che ne evoca la sovrumana potenza estraendo “l’inchiostro degli spiriti della Terra dall’albero magico”.
Possiamo celebrare la terra, ci dice Demetrio, sia da laici che da religiosi, “...con le nostre preghiere rituali o con l’accettazione dell’incomprensibile di cui Terra e terre ci offrono non pochi indizi.”
D’altra parte ‘terra’ ha valenze sia materne che paterne, ma rappresenta anche –‘con i piedi per terra’- un limite all’onnipotenza e terreno di sperimentazione per tutti i sensi. Ed è sempre la terra, con la maiuscola o meno, a rammentarci “da dove veniamo, chi siamo, quale sarà il nostro futuro inesorabile.”
Il collegamento immediatamente successivo dell’autore è con  Francesco, che nel 1226 si riferiva alla terra come ‘sorella’ e ‘madre’, e con Papa Francesco, che invia il suo messaggio al mondo, sulla terra in pericolo,  tramite la “Laudato si’. Lettera enciclica sulla casa comune”, nel 2015. La sua enciclica auspica una vera e propria ‘conversione ecologica’ nella spiritualità cristiana, con numerosi richiami ‘francescani’: semplicità, gustare le piccole cose, ringraziare per la vita stessa. Un richiamo di Papa Francesco ad un tempo ecologico ma anche ‘eco-narrativo’, perchè capace di raccontare la vita e la stessa terra ad essa intrinsecamente connessa.

Demetrio, dopo aver richiamato la presenza della terra sia nei passaggi biblici che nel Nuovo testamento, prende congedo dal lettore sostenendo il richiamo dell’enciclica ad una ‘conversione ecologica’. Sono le stesse scritture dei nostri primi incontri con le terre, dei ricordi che ne serbiamo, unitamente alla ricerca delle possibili radici delle proprie passioni ecologiche, affidate a taccuini e diari, -conclude-  che possono testimoniare la fertilità e la fecondità di una lettura della ‘Laudato si’.