giovedì 29 novembre 2018

A LIBRO APERTO. Una vita è i suoi libri. di Massimo Recalcati

MASSIMO RECALCATI

A LIBRO APERTO. Una vita è i suoi libri

(Feltrinelli Editore, Milano, 2018)


Invito alla lettura di Giorgio Macario

“Questo libro racconta come un libro possa diventare un vero e proprio incontro, come l’esperienza della lettura possa contribuire in modo decisivo nel dare forma singolare a una vita. Si può leggere come una sorta di autobiografia costruita attraverso la lettura di alcuni dei libri che sono risultati determinanti per la mia formazione di psicoanalista, di intellettuale e di uomo. Non siamo forse noi tutti fatti anche dai libri che abbiamo letto? I libri non sono forse delle esperienze che ci hanno segnato?”
E’ lo stesso Massimo Recalcati a introdurre egregiamente il suo ultimo libro che ci parla di altri libri, i libri che più ha amato e che raccontano la sua vita. I libri che hanno letto la sua vita -come ci tiene a precisare- perchè “leggere significa anzitutto essere letti dal libro, esporsi alla lettura del libro.” E se è vero che un libro è un incontro -meglio, un incontro d’amore, ci dice l’autore-, è anche vero che nel libro ritroviamo pezzi di noi stessi, dimenticati o non ancora conosciuti.

Sembra quasi che i libri offrano al lettore un proprio contributo biografico, teso a sostenere il lettore nella costruzione di una parte della propria autobiografia. Ed è così che l’Odissea di Omero vede Recalcati bambino trovare talmente irresistibile il ritorno di Ulisse da far dimenticare, nel ricomporre la ferita dell’assenza del padre, il vero finale del poema con il nuovo viaggio di Ulisse; che il sergente nella neve di Rigoni Stern lo riporta al suo incipit vitale di neonato sopravvissuto al “freddo emotivo dell’incubatrice”; che la Nausea di Sartre lo ricollega, fra l’altro, lui studente di filosofia alla Statale di Milano, all’esperienza di radicale assenza di senso dell’esistenza; che Al di là del principio del piacere di Freud lo rimanda alle riflessioni sulla pulsione di morte connessa alla ‘coazione a ripetere’, e proprio la ricerca di una apertura effettiva alla vita lo conduce, al termine degli studi di filosofia, al divano del suo primo analista; che gli Scritti di Lacan lo attraggono perchè assolutamente indecifrabili, bizzarri e illeggibili, al pare dei suoi sintomi che a breve lo porteranno, terminati gli studi, ad abbandonare la promettente carriera universitaria cui si frapponeva una ingombrante angoscia; e così via.

Se la seconda parte del volume ripercorre il contributo dei nove libri-incontri alla sua crescita, la prima parte, dedicata a riflessioni sulla funzione del libro, offre interessanti squarci su librerie e biblioteche interpretate come inconscio del soggetto (il primo sogno che Recalcati ci dice di aver portato in analisi); su pazienti bibliofili che tendono a sostituire la vita con i libri; sul libro come lezione dell’aperto contro il chiuso; sul libro come narrazione dell’esperienza; sulla forza del libro come forza del desiderio; per non citare che alcuni dei temi trattati. Fino a comprendere, ci dice Recalcati, che i libri ‘ci prendono’ proprio quando evocano “frammenti sepolti o ardenti del nostro passato”, ed è allora che “i confini del libro (...) si dilatano in me, proprio mentre il libro mi porta presso di sè.” Un modo particolarmente originale per intrecciare lettura e scrittura di sè.  

giovedì 1 novembre 2018

FOLIAGE. Vagabondare in autunno - di Duccio Demetrio


DUCCIO DEMETRIO

FOLIAGE. Vagabondare in autunno

(Raffaello Cortina Editore, Milano, 2018)



Recensione di Giorgio Macario




Già nel titolo del preambolo -“Sfogliando questo libro, per riscoprire l’autunno”-, l’autore ci svela, con poche e misurate parole, modalità d’uso e finalità di questo agile e intenso taccuino dedicato a chi ami vagabondare o aspiri a farlo, accompagnando possibili esplorazioni nella natura autunnale.


Ed è il vagabondare, più che l’autunno, che  in un primo momento ha particolarmente attratto la mia attenzione. Forse perchè, poco tempo fa, proprio vagabondando pigramente fra i banchetti di un mercatino dell’antiquariato, ho trovato una autobiografia molto particolare: edita nel 1908 e stampata in Italia 40 anni dopo, l’Autobiografia di un supervagabondo (di un poco noto W.H. Davies, con la prefazione di un notissimo G.B. Shaw) mi aveva già spinto a riconsiderare la connotazione piuttosto negativa che si tende ad associare a chi ‘vagabonda’.


In maniera analoga, la vastissima disamina delle rievocazioni legate all’autunno fatta da Demetrio con citazioni in tema di poeti, scrittori e filosofi, disamina per niente disgiunta da riferimenti autobiografici anche ‘in presa diretta’ con la stesura del volume -assolutamente da non perdere l’intrigante secondo capitolo su ‘Il ciliegio che non sapeva sfiorire’- mi hanno portato a riabilitare la stagione autunnale facendomi apprezzare le sue mille sfumature, anche etimologicamente orientate più a “crescita (...) arricchimento e maturazione” piuttosto che a senescenza, malinconia e decadenza; pensando alla raccolta dei frutti spontanei della terra, dei prodotti del lavoro agricolo e alla bellezza dei paesaggi autunnali più che a “frane, esondazioni, allagamenti”; ed infine considerando che “l’autunno è l’epopea della continua mutazione, della variazione, della metamorfosi”, destinato a deludere “chiunque aspiri (...) alla stabilità, all’equilibrio, all’armonia”.


Per giungere, finalmente, a svelare il fatto che il ‘Foliage’ del titolo è termine inglese, con prevalente pronuncia francese che rende tale parola “più liquida, morbida e (...) quasi evocatrice di una foglia che al vento ondeggiando si allontana con un sospiro.” E il Foliage si riferisce in particolare agli alberi che raccontano se stessi, perchè :”E’ grazie alle foglie, alle loro qualità, che gli alberi meglio sanno esprimersi, raccontarsi, tacere...”. E, ancora, sono sempre gli alberi “i grandi autori e attori dell’autunno”.


Se è vero che “L’autunno non è solamente una stagione, è uno stato d’animo”, come ci dice la citazione di Friedrich Nietzsche posta dall’autore in apertura del volume, è anche vero che Demetrio, supportato da un apparato iconografico-pittorico di indubbia efficacia evocativa, proietta l’autunno oltre i suoi canonici confini temporali proponendolo come stagione della vita affrancata dall’antica metafora che la associa alla maturità ormai declinante. Perchè è proprio “dalla valorizzazione delle storie soggettive e individuali come risposta alle massificazioni planetarie” che emergono narrazioni, sia in sede clinica che autobiografica, “che ci suggeriscono quanto l’autunno, da stagione dei declini, si stia rivelando una metafora degli inizi, di scoperte inaspettate, di prime volte radicalmente nuove.”


Un messaggio di speranza, ancor più apprezzabile in tempi in cui la natura sembra voler presentare un conto molto salato all’insipienza umana.