TERRA di Duccio Demetrio
Parole per capire, ascoltare, capirsi
Con un contributo di Lidia Maggi
(In Dialogo, Milano, 2018)
Con un contributo di Lidia Maggi
(In Dialogo, Milano, 2018)
Presentazione di Giorgio Macario
“Una vedova, senza
lavoro e per giunta straniera: cosa può fare, se non ‘spigolare nei campi’,
ovvero raccogliere le spighe sfuggite ai mietitori? La legge antica tutela chi
si trova nel bisogno. Nessuno può impedire a chi ha fame di raccogliere i resti
della mietitura.” Questa una delle citazioni, a ben vedere di stretta
contemporaneità, presente nel contributo di Lidia Maggi – teologa che si occupa
di formazione biblica-, che precede le
considerazioni di Duccio Demetrio – già docente di filosofia dell’educazione e
della narrazione e fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di
Anghiari- sui possibili significati ed implicazioni della parola ‘TERRA’.
La storia evocata da
Lidia Maggi è, come lei stessa afferma, una vicenda piccola, una storia di
donne che scalda il cuore; intitolata ‘L’icona: il giardino di Rut’ fa da
commento al passo biblico (Rut, 1, 1-17). Narra di Rut che non lascia la
suocera Noemi, dopo la morte del marito di questa e dei suoi due figli, uno dei
quali marito di Rut. Rut non è ebrea, bensì donna di Moab e i Moabiti erano
nemici storici di Israele, gente maledetta da Dio. Ciononostante Rut segue la suocera,
provvede a lei anche andando a ‘spigolare nei campi’, abbatte i confini, annulla
la maledizione, riesce a rifarsi una vita e dare alla luce anche un bambino che
sarà nonno di re Davide e, quindi, antenato del Messia. Messaggio che, conclude
Maggi, “dà voce a un felice controcanto rispetto a tutti quei movimenti
identitari che vedono il futuro solo in una terra posseduta e sigillata e nella
separazione dagli altri, i nemici, i diversi.”
Demetrio, per parte
sua, affronta il tema della terra con la t minuscola e della Terra con la T
maiuscola, partendo nel primo caso da un frammento di Adriana Zarri, teologa,
scrittrice e eremita, che pone sì “la terra
prima di tutto”, ma evocandola sia come materia prima del mondo, che come
materia prima del suo orto e “del vaso di gerani che allieta una finestra di
città.” Nel secondo caso, invece, utilizzando le parole poetiche del senegalese
Cheikh Tidiane Gaye che ne evoca la sovrumana potenza estraendo “l’inchiostro
degli spiriti della Terra dall’albero
magico”.
Possiamo celebrare
la terra, ci dice Demetrio, sia da laici che da religiosi, “...con le nostre
preghiere rituali o con l’accettazione dell’incomprensibile di cui Terra e terre ci offrono non pochi indizi.”
D’altra parte
‘terra’ ha valenze sia materne che paterne, ma rappresenta anche –‘con i piedi
per terra’- un limite all’onnipotenza e terreno di sperimentazione per tutti i
sensi. Ed è sempre la terra, con la maiuscola o meno, a rammentarci “da dove
veniamo, chi siamo, quale sarà il nostro futuro inesorabile.”
Il collegamento
immediatamente successivo dell’autore è con Francesco, che nel 1226 si riferiva alla terra
come ‘sorella’ e ‘madre’, e con Papa Francesco, che invia il suo messaggio al
mondo, sulla terra in pericolo, tramite la
“Laudato si’. Lettera enciclica sulla casa comune”, nel 2015. La sua enciclica
auspica una vera e propria ‘conversione ecologica’ nella spiritualità
cristiana, con numerosi richiami ‘francescani’: semplicità, gustare le piccole
cose, ringraziare per la vita stessa. Un richiamo di Papa Francesco ad un tempo
ecologico ma anche ‘eco-narrativo’, perchè capace di raccontare la vita e la
stessa terra ad essa intrinsecamente connessa.
Demetrio, dopo aver richiamato
la presenza della terra sia nei passaggi biblici che nel Nuovo testamento,
prende congedo dal lettore sostenendo il richiamo dell’enciclica ad una
‘conversione ecologica’. Sono le stesse scritture dei nostri primi incontri con
le terre, dei ricordi che ne serbiamo, unitamente alla ricerca delle possibili
radici delle proprie passioni ecologiche, affidate a taccuini e diari,
-conclude- che possono testimoniare la
fertilità e la fecondità di una lettura della ‘Laudato si’.
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