DONNE PARTIGIANE
U.D.I.
(In 'Guerra di Liberazione', Edito a cura del Ministero dell'Italia occupata - gennaio 1945)
L'ampia documentazione sull'attività delle donne nella lotta partigiana, che ci giunge dai territori via via liberati, è una parziale testimonianza di quanto, in questo ultimo anno, abbiano saputo fare le donne per la causa della libertà. Sappiamo che molte altre donne danno ogni giorno il loro contributo al movimento partigiano nelle terre occupate; noi le salutiamo e vogliamo qui ricordarle tutte con commozione e riconoscenza.
Il fatto che la donna abbia preso tanta parte in questa nostra guerra di liberazione è uno dei segni più vivi della partecipazione di tutto un popolo al più profondo e più sentito dei fatti politici e spirituali del nostro tempo; e con orgoglio constatiamo con quanta vivace generosità le donne hanno corrisposto alla fase più penosa della rigenerazione del nostro popolo. Da questa guerra le donne italiane hanno molto sofferto, e se i nomi di quelle che scontarono con la prigione la loro attiva partecipazione alla vita clandestina, e val qui la pena di ricordare la parte predominante che ebbero le donne negli scioperi del marzo 1943, ci rammentano che non tutte soffrirono in silenzio, tutte complessivamente si adeguarono all'ambiente arroventato della lotta che si stava preparando.
Fino all'armistizio le donne si erano tenute lontane dalla guerra, ne avevano sentito profondamente l'ingiustizia, e non si erano lasciate influenzare dalla propaganda; ma una volta che la guerra divenne giusta, quando si rivolse veramente contro gli oppressori, le donne italiane manifestarono con slancio le loro idee, entrarono in campo attivamente e coraggiosamente. Non si avvertì in loro la minima stanchezza; le sofferenze degli anni precedenti parvero rafforzare l'entusiasmo.
Così, nel settembre del 1943, cominciano le prime attività femminili. Attività di tutte, sebbene pericolosissima, quella di ospitare e nascondere prigionieri alleati e profughi politici, quella di procurare cibo, vestiti e mezzi di sostentamento alle prime bande di partigiani che vanno mano a mano formandosi. E' un lavoro che le donne cominciano a fare in seno alla loro famiglia, con i loro mezzi abituali: è un lavoro rischioso ma che non le porta molto al di fuori di quello che è il loro normale campo di azione. E restando nei loro paesi, nelle loro città, possono constatare con orrore l'immensità della barbarie dell'oppressore, soffrono, si ribellano. Nasce in loro l'esigenza spirituale di collaborare più attivamente per affrettare il giorno della liberazione. E salgono sui monti per imbracciare il fucile.
Raggiungono le bande partigiane e trovano che c'è un enorme bisogno di loro: curare i feriti, portare ambasciate, cercare di attenuare la dura vita della montagna attendendo ai cibi, ai vestiti. Fanno i lavori più oscuri e ingrati; non amano sentirsi eroine, sono solamente donne che sanno di fare il loro dovere. Se occorre sono accanto agli uomini nel combattimento con uguale coraggio; e questo lo sanno anche i nazisti che giustiziano partigiani e partigiane allo stesso modo.
Molte partigiane sono morte così. Noi abbiamo la documentazione del loro valore, di quello che è stato loro fatto soffrire ed anche una loro fotografia: volti sorridenti di donne giovani che ci riempono di commozione. Ed accostandoci al loro coraggio, alle loro sofferenze, a quel loro sorriso ci sembra veramente di capire quale era lo spirito che guidava il loro eroismo: voler dare al nostro popolo la libertà, la serenità.
Il nostro paese è a mano a mano liberato, il compito dei partigiani è mutato, essi chiedono di entrare nell'esercito e continuano in questo modo la loro lotta, diventano soldati e combattono accanto ai loro fratelli. Le donne dovrebbero tornare alla loro casa, alla loro vita normale, ma non possono: troppi dolori, troppi vuoti intorno a loro ricordano che il nemico non è cacciato del tutto, che bisogna affrettare la liberazione di quelle partigiane che continuano a lottare nelle terre ancora occupate. Le donne sanno che per determinati servizi potrebbero essere molto utili all'esercito, come lo sono state ai partigiani. Vogliono anche loro continuare la guerra e chiedono che questo sia loro concesso.
Quando tutta la nostra terra sarà finalmente libera, esse torneranno alla vita normale, una vita nuova, sconosciuta per la maggior parte di quelle che l'hanno desiderata e che per essa hanno combattuto. E sono queste donne che maggiormente ci fanno sperare nella nuova generazione. Generazione nata in un periodo tristissimo, ma che ha saputo trovare attraverso il dolore la sua parte attiva, ha saputo lottare per i propri ideali con piena coscienza e grande valore." (@G.M.)
Didascalia foto: "L'acquazzone estivo non impedisce a queste ragazze fiorentine di intonare i canti partigiani."
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