mercoledì 14 febbraio 2018

DIVISIONE GARIBALDI IN JUGOSLAVIA - Guerra di Liberazione

LA DIVISIONE 'GARIBALDI' IN IUGOSLAVIA

di Mario Palermo

(In 'Guerra di Liberazione', Edito a cura del Ministero dell'Italia occupata - gennaio 1945)


Ho ancora viva e palpitante dinanzi ai miei occhi la visione superba di questi magnifici italiani che formano la ormai leggendaria Divisione 'Garibaldi'.
Fin dal primo giorno che fui nominato Sottosegretario di Stato alla Guerra pensai che era necessario, anzi indispensabile. recarmi in mezzo a quei prodi per portare loro non solo il saluto del Governo democratico ma bensì anche quello di tutto il popolo italiano.
Soltanto nei primi di ottobre mi fu concesso di appagare questo desiderio.
Giunsi in Montenegro, in quella terra aspra e selvaggia, nella quale l'anima della gente è fiera come le sue montagne e semplice come la sua vita. E accanto ai soldati vittoriosi del maresciallo Tito io mi incontrai con i soldati d'Italia.
Non avevano età: le loro espressioni denotavano la sofferenza, il dolore e la coscienza di combattere per la santa causa.
Erano scalzi e laceri, ma pure il loro comportamento era pieno di fierezza.
Tutti indistintamente portavano un fazzoletto rosso intorno al collo.
Essi non conoscevano le clausole dell'armistizio, né avevano interesse a conoscerle.
Essi non chiedevano di essere considerati alleati ed a quali condizioni.
Essi non mi domandavano se le Università erano aperte o chiuse.
Essi non chiedevano che di combattere per riscattare il nome d'Italia, per cancellare le orme di sangue e di lacrime, lasciate profonde dagli eserciti nazisti e fascisti, invasori ed oppressori.
Essi non chiedevano che di combattere in nome della libertà e della democrazia, contro la tirannide comunque mascherata.
La Divisione 'Garibaldi' fu creata dalla fusione delle Divisioni 'Venezia' e 'Taurinense'.
Quando nel fatale 8 settembre, i comandanti delle due divisioni appresero dalla radio la notizia dell'armistizio, dopo aver preso le decisioni d'accordo con le loro truppe, non eseguirono gli ordini emanati dai superiori comandi e non esitarono ad affiancarsi agli eroici partigiani di Tito.
Il contributo portato alla causa comune fu grande: migliaia e migliaia di uomini inquadrati, bene armati, con potenziale bellico imponente, passarono a far parte dell'esercito di liberazione jugoslavo.
Ma ciò non fu tutto.
Niente più doveva ricordare a quei prodi  il triste passato e fu così che essi dettero il nome glorioso di Garibaldi alla loro unità.
E d'allora la divisione è in linea al grido: 'Morte al fascismo! Libertà al popolo'.
Gli ultimi mesi del 1943 furono per quei valorosi veramente terribili.
E' una lotta impari contro un nemico agguerrito e crudele, contro il clima rigido, la fame, le malattie e soprattutto contro il tifo petecchiale.
Comandanti e soldati sono tutti fratelli in questa vita in comune che sempre più unisce i loro animi nell'ideale della lotta per la libertà.
La coscienza di quei soldati che ha finalmente trovato, dopo tanti anni di disorientamento, un credo per il quale combattere, da al fisico la forza prodigiosa di affrontare prove che sembrano insuperabili.
E' la stessa forza di cui hanno dato prova i combattenti dell'Armata Rossa ed i primi partigiani di Tito, quando da soli hanno fatto barriera con i loro petti all'orda brutale del germanesimo trionfante, che sospinge oggi i nostri fratelli del Nord nella lotta contro l'invasore della Patria.
Fulgidi episodi di valore segnano le tappe gloriose di questi uomini, che tra bufere di neve, in terreni aspri, scalzi, laceri e con poche armi, che il gelo frequentemente inceppa, affrontano un nemico armatissimo, ben equipaggiato ed esasperato contro questi Italiani che non vogliono cedere alle sue imposizioni.
Centinaia di chilometri sono percorsi combattendo e trasportando a spalla i feriti, tra metri di neve, con sforzi sovrumani, per sottrarli al nemico che ha già diverse volte sfogato su di essi la sua rabbia feroce.
ma nulla piega la volontà di questi fieri Garibaldini che pure assottigliati nel numero dalle forti e sensibili perdite, continuano a lottare con la certezza che anche lontani dall'Italia e combattendo per la liberazione di un altro popolo, essi servono la stessa causa della loro patria: l'obiettivo è lo stesso: la distruzione del nemico tedesco, ovunque si trovi, e dei residui del fascismo.
Accanto a questa gloriosa Divisione combattono pure i Battaglioni 'Garibaldi' e 'Matteotti', valorose unità costituite da militari italiani che dalla Slovenia giungono in Montenegro, inquadrati in altre grandi unità jugoslave, attraverso numerosi combattimenti.
Le azioni successive portano nuovamente ad una separazione delle unità ed i Battaglioni 'Garibaldi' e 'Matteotti' attraverso la Serbia giungono a Belgrado ove partecipano alla conquista di quella città insieme alle truppe jugoslave ed alla Armata Rossa, meritando l'elogio del Maresciallo Tito per il comportamento valoroso.
Questi Battaglioni aumentati con altri, formati da Italiani successivamente sfuggiti alla prigionia tedesca, hanno ora costituito la brigata 'Italia'.
Un altro inverno è ora quasi trascorso.
Gli uomini della 'Garibaldi' dopo aver validamente concorso alle recenti operazioni contro i tedeschi in Montenegro e in Erzegovina, sono con le armi al piede, in attesa dello scatto finale, spiritualmente vicini ai soldati dei nostri Gruppi di combattimento, ai fratelli del Nord, per il trionfo del loro ideale, monito ed esempio a tutti quelli che non comprendono che la libertà non deve essere domata ma conquistata, e conquistarla si può solo gettando nella lotta, come essi hanno fatto, tutte le proprie energie, con fede incrollabile e volontà disperata.
La medaglia d'oro al Gruppo 'Aosta' e 5 medaglie d'oro alla memoria; oltre a numerosissime altre ricompense alla memoria ed a viventi, tra le quali due promozioni per merito di guerra all'eroico comandante della Divisione, hanno premiato il sacrificio ed il valore di questi soldati della nuova Italia democratica.
Questa in breve è la storia della 'Garibaldi'.
L'ho voluta ricordare in questo giorno dedicato al partigiano, perché quei soldati furono i primi Italiani ad impugnare le armi, lontani dalla patria, contro il tedesco e vanno perciò considerati come i primi partigiani del nostro glorioso movimento di risorgimento e di liberazione.
Li addito alla pubblica ammirazione!
Possa il loro contegno esemplare essere di sprone a tutti gli Italiani immemori.
Possa il loro grido divenire grido di tutto il popolo, che oggi accorre alle armi, spezzando le catene del servaggio e dell'avvilimento e levarsi alto, possente e implacabile: 'Morte al fascismo - Libertà al popolo'." (@GM)

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