Lo
scenario è da incubo.
Ma
anche in un incubo può comparire una scialuppa di salvataggio che ti accolga,
o
almeno un appiglio che galleggi.
Il mio
salvagente è un posto improvvisamente vuoto nell’unica fila di sedili che la
residua misericordia di un progettista minimalista è stato capace di concepire.
Non
faccio in tempo a prendere posto che mi accorgo di quanto tanta generosità
progettuale sia strettamente finalizzata al bombardamento mediatico di motivi
alienanti ed immagini plastificate che fuoriescono in continuazione da quattro
mega schermi perfettamente allineati.
Fortunatamente
le immagini non si vedono ma i suoni ti trapanano il cervello.
Ricordo
un periodo durante il quale schermi analoghi trasmettevano un jingle ripetuto all’infinito e senza
alcun apparente significato, che doveva aver sollecitato pensieri distruttivi e
tentazioni luddiste in più d’uno, perché poco dopo è stato precipitosamente
eliminato.
Qualcuno
deve aver ‘agito’ i pensieri di molti.
Decine,
centinaia, migliaia di persone affrettano il passo, sostano col naso all’insù o
si muovono ondivaghi per giungere a destinazione o, più banalmente, per darsi
un tono.
E’ un
mondo multicolore.
Dove i
bianchi giocano in casa mentre i neri si arroccano in difesa;
i
gialli colgono l’attimo con istantanee brucianti mentre i rossi si distinguono
a fatica.
Ma
quando scopri che i blu ed i verdi non si trovano neanche utilizzando i raggi
ultravioletti, cominci a dubitare che tutto ciò abbia un senso.
E
allora vedi degli uomini e delle donne; dei bambini e degli anziani; persone
basse come nani e giganti prossimi ai due metri; corpi magri e filiformi
accanto ad altri grossi e tondi; andature sensuali ed altre con un incedere
sgraziato; e così via, nei meandri di una casistica forse meno discriminante
della precedente ma sempre in cerca di riscontri oggettivi.
Ad un
certo punto, lo scenario cambia.
Affinando
uno sguardo orientato alla persona in quanto tale,
valorizzi
percezioni, sensazioni e qualità prima trascurate.
E’ come
se ciascuno fosse circondato da un’aura diversa.
Come se
i singoli esseri umani contassero per le loro specificità e non per le
caratteristiche comuni a molti.
Come se
i soggetti riacquistassero in pieno il loro diritto di esprimersi liberamente e
di essere compresi.
In un
mondo, quindi, più comprensibile e condivisibile, più consapevole e vivibile.
“Ma
come –mi chiederete- non era uno scenario da incubo?”
Ecco la
ricetta per trasformare un incubo in un sogno ad occhi aperti.
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