lunedì 3 giugno 2013

Il gabbiano

E’ da lungo tempo che non scruto il cielo con occhi diversi alla ricerca di un uccello in picchiata.

Certo, abitando in prossimità di un aeroporto, per di più proteso sul mare, sono sempre attratto dagli aerei che si alzano in volo, o da quelli che atterrano, o cercano di atterrare. Come quella volta che, a causa del forte vento, ne ho seguito uno volteggiare nel cielo e tentare di atterrare per ben quattro volte, prima di rinunciare definitivamente e puntare il muso verso il mare aperto.
Il cielo, che attrae e respinge ad un tempo; che affascina e intimorisce; che illude  e ti lascia, alla fine, con i piedi per terra. Da sempre una costante antitesi della nostra condizione terrena.
Ma oggi, complice il silenzio che dall’esterno si espande fin dentro le viscere, e grazie al passo costante che stabilizza e da’ sicurezza, riesco ad alzare gli occhi al cielo, dove il sole comincia a diffondere i suoi deboli raggi e la luce schiarisce  le nebbie diffuse della notte.
E’ allora che lo vedo, con le grandi ali bianche spiegate al vento, che oggi è una brezza leggera appena percettibile.
Non si protende in alto, verso gli spazi vertiginosi ormai territorio incontrastato dei grandi uccelli meccanici alimentati artificialmente, che si incrociano senza mai salutarsi.
E non si proietta nemmeno in basso, alla ricerca di un punto di non ritorno che gli consenta di trasfigurarsi in cieli paralleli popolati dai ‘giusti fra i giusti’, i grandi uccelli bianco-neve con le piume limpide e lisce che non si scompongono nemmeno se sottoposti a torsioni inimmaginabili.
Volteggia nel cielo senza fare il minimo rumore, vola ad una altezza costante, descrivendo grandi cerchi a geometrie variabili ed imperscrutabili, seguendo pensieri evanescenti, immerso in sentieri impercettibili.
Ho sempre pensato che il ‘campione’ dei gabbiani dovesse assomigliare in tutto e per tutto al gabbiano Jonathan Livingstone.
Ma questo gabbiano non gli assomiglia: credo si tratti di un discendente che ha fatto pace col mondo.
Non lo vuole più abbandonare in cerca di altezze vertiginose o trascendere alla ricerca di qualche dimensione parallela.
Lo vuole semplicemente percorrere e trasmettere un po’ di tranquillità intorno a sé.
“E’ così che va il mondo!”, sembra dire forte del suo sguardo che abbraccia l’orizzonte.
E mare, cielo e terra, tutto intorno, risplendono sereni.


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