E’
da lungo tempo che non scruto il cielo con occhi diversi alla ricerca di un
uccello in picchiata.
Certo,
abitando in prossimità di un aeroporto, per di più proteso sul mare, sono
sempre attratto dagli aerei che si alzano in volo, o da quelli che atterrano, o
cercano di atterrare. Come quella volta che, a causa del forte vento, ne ho
seguito uno volteggiare nel cielo e tentare di atterrare per ben quattro volte,
prima di rinunciare definitivamente e puntare il muso verso il mare aperto.
Il
cielo, che attrae e respinge ad un tempo; che affascina e intimorisce; che
illude e ti lascia, alla fine, con i
piedi per terra. Da sempre una costante antitesi della nostra condizione
terrena.
Ma
oggi, complice il silenzio che dall’esterno si espande fin dentro le viscere, e
grazie al passo costante che stabilizza e da’ sicurezza, riesco ad alzare gli
occhi al cielo, dove il sole comincia a diffondere i suoi deboli raggi e la
luce schiarisce le nebbie diffuse della
notte.
E’
allora che lo vedo, con le grandi ali bianche spiegate al vento, che oggi è una
brezza leggera appena percettibile.
Non
si protende in alto, verso gli spazi vertiginosi ormai territorio incontrastato
dei grandi uccelli meccanici alimentati artificialmente, che si incrociano
senza mai salutarsi.
E
non si proietta nemmeno in basso, alla ricerca di un punto di non ritorno che
gli consenta di trasfigurarsi in cieli paralleli popolati dai ‘giusti fra i
giusti’, i grandi uccelli bianco-neve con le piume limpide e lisce che non si
scompongono nemmeno se sottoposti a torsioni inimmaginabili.
Volteggia
nel cielo senza fare il minimo rumore, vola ad una altezza costante,
descrivendo grandi cerchi a geometrie variabili ed imperscrutabili, seguendo
pensieri evanescenti, immerso in sentieri impercettibili.
Ho
sempre pensato che il ‘campione’ dei gabbiani dovesse assomigliare in tutto e
per tutto al gabbiano Jonathan Livingstone.
Ma
questo gabbiano non gli assomiglia: credo si tratti di un discendente che ha
fatto pace col mondo.
Non
lo vuole più abbandonare in cerca di altezze vertiginose o trascendere alla
ricerca di qualche dimensione parallela.
Lo
vuole semplicemente percorrere e trasmettere un po’ di tranquillità intorno a
sé.
“E’
così che va il mondo!”, sembra dire forte del suo sguardo che abbraccia
l’orizzonte.
E
mare, cielo e terra, tutto intorno, risplendono sereni.
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