CULLE VUOTE E INFANZIA TRASCURATA
di Giorgio Macario
Lo so, sembra una contraddizione in termini.
Se le culle sono vuote, se in Italia i già scarsi poco più di 240.000 nati
nei primi sei mesi del 2014 sono scesi a poco più di 235.000 nel 2015 (-2%) e a
poco più di 220.000 nel 2016 (-6%), triplicando il trend negativo, se ne
dovrebbe dedurre che i bambini sono diventati ‘merce’ preziosa e quindi, in
quanto tali, sono particolarmente curati ed accuditi.
Di fatto, così non è. Assistiamo, infatti,
certamente ad una crescente ‘ansietà genitoriale’, una diffusa
preoccupazione di non essere in grado di accudire quell’unico figlio che sempre
più spesso rappresenta tutto il capitale riproduttivo che mettiamo a
disposizione della prosecuzione della razza umana.
Ed ormai da parecchi anni vengono proposti corsi per fare i genitori,
scuole di genitorialità che dovrebbero compensare la ormai totale assenza di
‘istruzioni parentali’ che per secoli sono passate da una generazione
all’altra. Ma queste proposte sono un palliativo, perchè la dura realtà dei
fatti è che all’inizio del secolo scorso
era considerato normale che una famiglia potesse crescere 8/9 figli (con uno o
due di loro che erano destinati a non raggiungere la maggiore età), a metà del
secolo scorso era normale avere 4/5 figli e fare del proprio meglio per
crescertli dignitosamente, mentre dall’inizio di questo millennio la normalità
è avere un figlio unico o rinunciare del tutto ad averne (1,35 figli per coppia
è la media atttuale, contro il tasso di mantenimento costante della popolazione
che è di 2,1 figli per coppia) e incontrare sempre maggiori difficoltà, quasi
come se ci considerassimo analfabeti in ambito genitoriale.
Ma come, si potrebbe osservare, se non c’è mai stato maggiore investimento
di denaro per acquistare tutto ciò che è umanamente possibile, fino a saturare
la camera del proprio figlio, estendendo questi acquisti nel settore
elettronico ed informatico, con una conseguente saturazione anche dello spazio
‘cloud’ (è di pochi giorni fa il via libera dei pediatri americani al possibile
utilizzo dei tablet per gli infanti sopra i 18 mesi)? Se non ci sono mai state
così tante attività sportive, ricreative, intrattenitive ed integrative rivolte
a singoli bambini come in questi ultimi anni? Appunto!
Dobbiamo prendere atto che una sostanziale trascuratezza è perfettamente
compatibile con una sovra-abbondanza di ‘cose’, anzi spesso l’abbondanza di
‘oggetti ed attività compensative’ è funzionale ad una consistente assenza
affettivo-relazionale, di sostanza e non di forma.
L’esternalizzazione di questa incapacità ad essere vicini nella sostanza ai
nostri figli è dimostrata ancor più dalla assoluta mancanza di fiducia nelle
pur indispensabili deleghe educative che qualsiasi genitore deve concedere: in primis quelle alle
educatrici/assistenti/insegnanti che operano nella principale agenzia educativa
dopo la famiglia, e cioè la scuola. Lo schierarsi sempre e comunque a favore
del figlio nei mille contrasti che possono sorgere con le/gli insegnanti, lungi
dal rappresentare una corretta azione educativa, mina alla base la credibilità
complessiva del sistema educativo adulto agli occhi dei ragazzi. Non si vuole
certo enfatizzare lo schierarsi dei genitori del secolo scorso a favore del
maestro di turno, sempre e comunque, anche nel caso di qualche ceffone che se
impartito lo si presupponeva meritato, bensì che un genitore ‘sufficientemente
buono’ – tranne in caso di abusi conclamati- fa crescere il proprio figlio in
una rete fiduciaria fra le diverse agenzie educative. Se, invece, difende il
figlio costantemente ‘a prescindere’, non gli consente di crescere in una
situazione dialettica e mina drasticamente la formazione di una sufficiente
autostima adulta.
Ma ritornando alle culle vuote, sappiamo che sono determinate da un
combinato di crescente infertilità, differimento di maternità e paternità anche
per il costante peggioramento della crescita economica, sfiducia nel futuro. E
se fino a poco tempo fa era diffusa la percezione di una sostanziale ripresa
demografica legata ai flussi migratori in entrata, è stato ormai appurato che
il ben più alto tasso di fertilità delle donne straniere nella loro terra di
origine, tende velocemente a scendere nel Paese ospitante fino a livelli
prossimi a quelli autoctoni.
Ed allora piuttosto che lanciarsi in campagne (peraltro poco efficaci)
volte a riempire le culle rimaste desolatamente vuote, sarebbe meglio prendersi
cura dell’infanzia che già c’è; ma occorre farlo intervenendo per favorire la
crescita di un rinnovato senso di comunità, contrastare l’isolamento familiare,
genitoriale e personale, creando fiducia reciproca fra le varie agenzie
educative e progettando politiche di welfare non solo indirizzate agli anziani (che
votano) ma sempre più alle giovani generazioni (che se già non votano, lo
faranno fra non molto).
Per favorire, usando le parole di un noto psicoanalista argentino, Miguel
Benasayag, l’affermarsi di un’epoca delle ‘passioni gioiose’ di contro a
quest’epoca sempre più di ‘passioni tristi’.
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