domenica 23 ottobre 2016

CULLE VUOTE E INFANZIA TRASCURATA


CULLE VUOTE E INFANZIA TRASCURATA

                                                                                      di Giorgio Macario

Lo so, sembra una contraddizione in termini.
Se le culle sono vuote, se in Italia i già scarsi poco più di 240.000 nati nei primi sei mesi del 2014 sono scesi a poco più di 235.000 nel 2015 (-2%) e a poco più di 220.000 nel 2016 (-6%), triplicando il trend negativo, se ne dovrebbe dedurre che i bambini sono diventati ‘merce’ preziosa e quindi, in quanto tali, sono particolarmente curati ed accuditi.
Di fatto, così non è. Assistiamo, infatti,  certamente ad una crescente ‘ansietà genitoriale’, una diffusa preoccupazione di non essere in grado di accudire quell’unico figlio che sempre più spesso rappresenta tutto il capitale riproduttivo che mettiamo a disposizione della prosecuzione della razza umana.  

Ed ormai da parecchi anni vengono proposti corsi per fare i genitori, scuole di genitorialità che dovrebbero compensare la ormai totale assenza di ‘istruzioni parentali’ che per secoli sono passate da una generazione all’altra. Ma queste proposte sono un palliativo, perchè la dura realtà dei fatti  è che all’inizio del secolo scorso era considerato normale che una famiglia potesse crescere 8/9 figli (con uno o due di loro che erano destinati a non raggiungere la maggiore età), a metà del secolo scorso era normale avere 4/5 figli e fare del proprio meglio per crescertli dignitosamente, mentre dall’inizio di questo millennio la normalità è avere un figlio unico o rinunciare del tutto ad averne (1,35 figli per coppia è la media atttuale, contro il tasso di mantenimento costante della popolazione che è di 2,1 figli per coppia) e incontrare sempre maggiori difficoltà, quasi come se ci considerassimo analfabeti in ambito genitoriale.

Ma come, si potrebbe osservare, se non c’è mai stato maggiore investimento di denaro per acquistare tutto ciò che è umanamente possibile, fino a saturare la camera del proprio figlio, estendendo questi acquisti nel settore elettronico ed informatico, con una conseguente saturazione anche dello spazio ‘cloud’ (è di pochi giorni fa il via libera dei pediatri americani al possibile utilizzo dei tablet per gli infanti sopra i 18 mesi)? Se non ci sono mai state così tante attività sportive, ricreative, intrattenitive ed integrative rivolte a singoli bambini come in questi ultimi anni? Appunto! 

Dobbiamo prendere atto che una sostanziale trascuratezza è perfettamente compatibile con una sovra-abbondanza di ‘cose’, anzi spesso l’abbondanza di ‘oggetti ed attività compensative’ è funzionale ad una consistente assenza affettivo-relazionale, di sostanza e non di forma.

L’esternalizzazione di questa incapacità ad essere vicini nella sostanza ai nostri figli è dimostrata ancor più dalla assoluta mancanza di fiducia nelle pur indispensabili deleghe educative che qualsiasi genitore deve concedere: in primis quelle alle educatrici/assistenti/insegnanti che operano nella principale agenzia educativa dopo la famiglia, e cioè la scuola. Lo schierarsi sempre e comunque a favore del figlio nei mille contrasti che possono sorgere con le/gli insegnanti, lungi dal rappresentare una corretta azione educativa, mina alla base la credibilità complessiva del sistema educativo adulto agli occhi dei ragazzi. Non si vuole certo enfatizzare lo schierarsi dei genitori del secolo scorso a favore del maestro di turno, sempre e comunque, anche nel caso di qualche ceffone che se impartito lo si presupponeva meritato, bensì che un genitore ‘sufficientemente buono’ – tranne in caso di abusi conclamati- fa crescere il proprio figlio in una rete fiduciaria fra le diverse agenzie educative. Se, invece, difende il figlio costantemente ‘a prescindere’, non gli consente di crescere in una situazione dialettica e mina drasticamente la formazione di una sufficiente autostima adulta.

Ma ritornando alle culle vuote, sappiamo che sono determinate da un combinato di crescente infertilità, differimento di maternità e paternità anche per il costante peggioramento della crescita economica, sfiducia nel futuro. E se fino a poco tempo fa era diffusa la percezione di una sostanziale ripresa demografica legata ai flussi migratori in entrata, è stato ormai appurato che il ben più alto tasso di fertilità delle donne straniere nella loro terra di origine, tende velocemente a scendere nel Paese ospitante fino a livelli prossimi a quelli autoctoni.

Ed allora piuttosto che lanciarsi in campagne (peraltro poco efficaci) volte a riempire le culle rimaste desolatamente vuote, sarebbe meglio prendersi cura dell’infanzia che già c’è; ma occorre farlo intervenendo per favorire la crescita di un rinnovato senso di comunità, contrastare l’isolamento familiare, genitoriale e personale, creando fiducia reciproca fra le varie agenzie educative e progettando politiche di welfare non solo indirizzate agli anziani (che votano) ma sempre più alle giovani generazioni (che se già non votano, lo faranno fra non molto).


Per favorire, usando le parole di un noto psicoanalista argentino, Miguel Benasayag, l’affermarsi di un’epoca delle ‘passioni gioiose’ di contro a quest’epoca sempre più di ‘passioni tristi’.

Nessun commento:

Posta un commento