DUCCIO DEMETRIO
INGRATITUDINE - La memoria breve della riconoscenza
(Raffaello Cortina Editore, Milano, 2016)
Presentazione a cura di GIORGIO MACARIO
A Giotto, perchè anche negli occhi del tuo
cane puoi sentire la voce della gratitudine.
Ingratitudine non è desiderio
d’oblio, ma è disincanto, supponenza, dominio, complicità, arroganza,
tradimento, smarrimento, ladrocinio, avarizia e menzogna.
Questo il fil rouge che Duccio Demetrio mette al
centro della sua esplorazione che si muove fra i due poli dell’ingratitudine e
della riconoscenza, concedendo alla prima le luci della ribalta e stemperando
la seconda entro tracce mnestiche sfuggenti.
E se “l’ingratitudine -prima o
poi- ci visita tutti, la posta in gioco è quanto d’essa siamo riusciti a
volgere in generosa gratitudine, iniziandoci allo splendore della
riconoscenza.”
Basterebbe questo a
tratteggiare il cammino che l’autore offre al lettore: un invito, sempre e
comunque “a conoscerci meglio, per
riscoprire le gratitudini altrui che abbiamo dimenticato e mai onorato.” Il
richiamo autobiografico è -ça va sans
dire- pervasivo e l’autore fa seguire alla considerazione ‘sempre
l’ingratitudine ci ferisce e umilia’ un percorso che si avvia ‘con l’amaro in
bocca’, disseppellendo i ricordi delle esperienze di ingratitudine, e termina
con il ‘saper chiedere scusa’, che richiama un ciclo di redenzione
(colpa-pentimento-espiazione-riscatto) rimanendo però immerso nella convinzione
laica di una incancellabilità della colpa e della irreversibilità del tempo.
Ciascuno è invitato, in chiusura
del volume, a ricercare i possibili nessi fra l’idea di ingratitudine che si è costruita
nel tempo e la propria storia di vita; e proprio per accompagnare questo tragitto
non semplice vengono rintracciati
possibili riferimenti al tema come step intermedi
di un percorso certamente originale che l’autore costruisce su di un tema ad un
tempo molto citato e pochissimo esplorato, come
è capitato nel recente passato per il tema ‘La vergogna’ oggetto di un
interessante saggio di Boris Cyrulnik.
Gli spunti-approfondimenti
tracciati vanno dall’ingratitudine come ‘grande vizio’ in Cuore di Edmondo De
Amicis e nel Pinocchio di Collodi, alle ‘grandi’ ingratitudini, inquietanti e
minacciose, cui fanno da corollario le ‘piccole’ ingratitudini, quotidiane e
casalinghe, ma non meno perniciose perchè quasi invisibili e foriere della
scomparsa di cure e tutele nei confronti degli altri.
Si passa poi ad un
registro più filosofico, con il quale, fra l’altro, vengono esplorati nella
loro sconcertante attualità i quattro volti dell’ingratitudine proposti da
Seneca (chi nega di essere stato aiutato in alcun modo, chi finge mentendo a se
stesso, chi contraccambia sconfessando al contempo il prossimo e chi dimentica offendendo
la memoria), nonchè l’evoluzione dell’ingratitudine nei miti, nelle tragedie e
nelle commedie.
Infine, una trilogia composta dai linguaggi del ringraziamento,
dall’eros della gratitudine e dalla riconoscenza come deciso superamento della
gratitudine, completa l’analisi con uno sguardo indagatore che “si eleva e ci eleva verso ‘altro’”.
In conclusione, nonostante
l’ingratitudine del titolo -come ci dice lo stesso autore- richiami le
‘passioni tristi’ introdotte da Miguel Benasayag in un testo ormai divenuto un
classico, il sapiente ed intenso intreccio che Demetrio ha saputo costruire su
di un tema potenzialmente sgradevole, appare molto più orientato alla
costruzione di quelle ‘passioni gioiose’ che lo stesso Benasayag, nei suoi
scritti successivi, ha indicato come fondamentali per una crescita dei singoli
entro comunità solidali.
Un intreccio che non può fare a meno della
riconoscenza perchè questa -ci dice ancora Demetrio- “come presa di coscienza
del senso del nostro essere stati gettati nella vita, è il tentativo estremo di
ri-creare ciò che l’ingratitudine
infrange, generando strappi non suturabili quando si tratti di ferite che
travalicano le storie delle singole vite.”
Nel tentativo di contrapporre a
rotture dirompenti, attitudini ricompositive.
io invece sono grata a Duccio Demetrio per tutto ciò che io ho scoperto in me grazie a lui. Buon anno.
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