(Comunità di San Benedetto al Porto di Genova - Alberto Folli, La pedagogia di don Gallo, Sensibili alle foglie, 2015)
Presentazione di Giorgio Macario
Don Andrea Gallo riceveva nel 2010 ad Anghiari il
Premio nazionale per l’Autobiografia, uno dei molti premi e riconoscimenti che
gli sono stati assegnati particolarmente negli ultimi anni della sua vita, a sottolineare
il prestigio morale maturato nel tempo.
Tre anni più tardi, alla vigilia del suo 85esimo
compleanno, lasciava alla ‘sua’ Comunità di San Benedetto al Porto a Genova una
eredità considerevole ma al contempo difficile: proseguire e innovare percorsi
di coscientizzazione e di costruzione di nuovi protagonismi sociali e politici,
rivolti in particolare a quanti tendono ad essere marginalizzati nella nostra
attuale società.
Oggi,
a distanza di tre anni dalla sua scomparsa, la Comunità presenta, a firma di
Alberto Folli, sociologo ed educatore professionale già partecipante diretto
all’esperienza di vita in Comunità negli anni ’80 come obiettore di coscienza e
non solo, un ambizioso tentativo di “tracciare la trama teorico pratica di un
approccio all’altro che, nel contesto comunitario, diventa pedagogia. Una
pedagogia che, a partire dalla Comunità per arrivare al territorio, diventa
intervento sociale e progetto politico.”
A
motivare il perchè l’avvio di una sistematizzazione della ‘Pedagogia di Don
Gallo’ sia una impresa senz’altro ambiziosa basterebbe il fatto che gli
interventi realizzati venivano molto spesso indicati, sia dagli esterni ma
anche dagli stessi protagonisti interni, come frutto della ‘praticaccia’ della
Comunità. Convinzione che posso confermare anche in base alla mia esperienza
‘autobiografica’ di formatore, non avendo avuto notizia da colleghi di apporti
formativi consistenti realizzati per la Comunità e avendo avuto una sola volta,
personalmente negli anni ’90, l’opportunità di offrire loro un contributo
formativo solo perchè l’approccio autobiografico proposto intercettava, almeno
in parte, il concreto ‘sentire’ della Comunità.
Ma al contempo chiunque abbia
conosciuto Don Andrea Gallo non solo per qualche fugace incontro o ascolto
estemporaneo, difficilmente poteva evitare di percepire, accanto alla
naturalezza delle sue capacità relazionali quasi innate, una profondità di
pensiero del tutto particolare, estremamente associativa, che filtrava
qualsiasi costrutto teorico attraverso esperienze di vita proprie ed altrui.
Non per caso, poche settimane fa, di fronte ad alcune centinaia di educatori
napoletani a conclusione di un lungo percorso formativo, ho citato questo
volume come significativo esempio di ricostruzione di un percorso prassi-teoria-prassi, laddove si va a
correggere l’errata -ma diffusa- percezione di una Comunità dominata da prassi
autoreferenziali.
Questo
contributo di riflessione si autodefinisce in IV di copertina come frutto di
una estesa ricognizione bibliografica in tema. Ma per meglio sintetizzare
questo tentativo di fondare da un punto di vista pedagogico l’operato della
Comunità, attribuendo il giusto merito all’instancabile mix di azione e di
pensiero del suo fondatore don Andrea Gallo, credo si possano identificare
quattro step, di crescente consistenza in quanto ad estensione della
trattazione.
Per
sfatare il mito di una autoreferenzialità poco riflessiva, il primo step
(Le ragioni di questo libro, che
rappresenta una sorta di prefazione) da conto di un articolato processo di
ricerca-intervento avviato dalla Comunità nel 2007 e concluso nel 2012,
denominato ‘San Benedetto Reload’. Una sorta di ri-partenza che per dare gambe
ad un rinnovato futuro ha scelto di scandagliare il passato in modo da renderlo
comprensibile e trasmissibile.
Il
secondo step (Attualità della
pedagogia di Don Gallo, di fatto una introduzione allargata) prende avvio
dall’attuale perdita dell’orizzonte di senso per l’uomo contemporaneo e cerca
di argomentare la risposta positiva alla domanda “E’ ancora valida la proposta
della Comunità di San Benedetto fondata sulla pedagogia di Don Andrea Gallo?”
passando, per non citare che i principali, dal contributo di Galimberti alle
riflessioni di Benasayag e Schmit, dalla teologia della Liberazione
reinterpretata dalla stesso Don Gallo agli spunti del sesto Rapporto Giovani
dell’Istituto IARD, dalle narrazioni di Pennac alle indicazioni di Mounier,
filosofo del personalismo.
Con
il terzo step (La pedagogia di Don
Gallo e della Comunità di San Benedetto, di fatto la I parte del volume) la
ricognizione bibliografica si concentra sui documenti base della Comunità, già
a partire dagli anni ’70; analizza poi diversi documenti rilevanti di
appuntamenti nazionali ed internazionali riferiti alla dipendenza da sostanze e
non solo; conferma l’attenzione alla riflessione sugli interventi della
Comunità riferendo una precedente ricerca partecipativa della fine degli anni
’80 durata 4 anni, condotta da Giulio Girardi e che è stata sintetizzata in un
volume dal titolo significativo ‘Dalla dipendenza alla pratica della libertà’; prendendo
in considerazione, infine, testi direttamente di Don Gallo, testi tratti dalle
sue agende e testi che mettono al centro la sua figura. Sono diversi quindi gli
incontri, documentati, della Comunità con alcune pratiche pedagogiche fondate
teoricamente ma al contempo capaci di ‘contaminare e contaminarsi’. Il tutto, secondo l’autore, con grande umiltà
“ma anche con l’autorevolezza della propria metodologia dialogica.”
Il
quarto ed ultimo step (I
principali autori e le teorie di riferimento, II parte del volume) si
estende per oltre metà del libro ed ha l’ambizione di intrecciare pochi ed
essenziali riferimenti bibliografici di alcuni fra i principali autori che
stanno alla base della pedagogia di Don Gallo collegandoli alle prassi via via
sperimentate dalla Comunità nel suo impegno sociale, politico e, quindi,
pedagogico e terapeutico. O Per dirla con le parole dell’autore, “frutto
dell’incontro di spunti diversi, uniti e tradotti, nel nostro caso, dalla
particolare sensibilità di Don Andrea, che li ha elaborati insieme ai suoi
compagni di strada.” Si passa quindi dall’influenza del pensiero di due
filosofi come Emmanuel Mounier (a partire dal personalismo) ed Emmanuel Lèvinas
(con le riflessioni su Essere, Io e Altro) al principale riferimento pedagogico
racchiuso nella ‘pedagogia degli oppressi’ di Paulo Freire; dalla concreta
collaborazione di Giulio Girardi, già citata, all’immancabile influenza del
pensiero e dell’azione concreta di Don Lorenzo Milani; per concludere con la
forte affinità della Comunità con il pensiero ‘antipsichiatrico’ di Thomas
Szasz e di Claude Olievenstein, e la concreta vicinanza in molti dei suoi
documenti al pensiero di Franco Basaglia che ispira e guida la
depsichiatrizzazione in Italia.
Impossibile
anche solo tentare di seguire i mille intrecci richiamati nel volume, che
meritano sicuramente una lettura attenta. Al termine della quale, per quanto mi
riguarda, ho cambiato, almeno in parte, la mia opinione sull’impermeabilità e
la consistente autoreferenzialità che attribuivo alla Comunità di San
Benedetto. Estendendo alla storia della Comunità la percezione che ho maturato nel
2009 quando ho coordinato la presentazione a Genova del volume di Duccio
Demetrio su “L’educazione non è finita. Idee per difenderla”. Avevo invitato
Don Gallo a fare da discussant e mi
aspettavo che potesse aver dato un’occhiata al libro per poi poter effettuare
le sue osservazioni in ‘libertà’, attingendo al suo infinito repertorio di
citazioni, aneddoti e riflessioni che avevo avuto modo di ascoltare in più di
un’occasione. Quanto mi sbagliavo! L’ho visto arrivare non solo con il volume
sottolineato in più punti, ma con
sei-sette pagine di appunti fitti e dettagliati, affascinando i presenti con
riflessioni e considerazioni puntuali e competenti. Con la lettura di questo
volume ho potuto convincermi che la ‘sua’ Comunità non poteva essere da meno.
MI ASPETTAVO UN ACCENNO SUL RECUPERO DEI GIOVANI TOSSICODIP.NELLE VARIE COMUNITA' FONDATE DAL GALLO, MAGARI UN ACCENNO QUANTITATIVO SU DI ESSI, ANCHE NON RECENTE, PER UN EVENTUALE CONFRONTO COI DATI DEL CEIS. GRAZIE E BUONDI'.
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