Il 10 settembre ricorreva la Giornata Mondiale della Prevenzione al Suicidio: sono stato chiamato a moderare un incontro organizzato nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova, dal titolo ‘Avvicinarsi per conoscere e comprendere’, con una attenzione particolare al disagio giovanile. Ho accolto volentieri l’invito ritenendo doveroso prestare gratuitamente la mia professionalità per la migliore riuscita dell’iniziativa. L’incontro, dopo i saluti dell’Assessore Boero, con due relazioni di apertura significative -una più sistematica sulla situazione attuale del problema suicidi sia a livello nazionale che internazionale, la seconda su diversi casi clinici intrecciati all’esperienza autobiografica dello psichiatra che relazionava- e diverse testimonianze sia di associazioni che di singoli che avevano affrontato direttamente o in qualità di parenti vicende suicidiarie, oltre ad una rappresentazione teatrale di giovanissimi, l’incontro dicevo è andato molto bene, con oltre un centinaio di persone presenti.
Qual’è quindi il problema? Che non ho visto due righe sui
giornali cittadini, nè prima nè dopo; nessuna televisione era presente, neanche
locale; non so dire dei social, ma a prescindere da un paio di mie segnalazioni
e forse qualche altra di organizzatori e partecipanti, non credo che dal punto
di vista mediatico ne sia rimasta traccia alcuna.
Oggi apro il giornale e leggo a tutta pagina -ancorchè
interna- “Alla gogna sul web per un
video hot suicida dopo la lotta per farlo cancellare”: vi si fa riferimento
alla tragedia di una giovane trentunenne napoletana che ha pagato cara la leggerezza
di inviare un filmato dove veniva ripresa mentre faceva sesso con un coetaneo ad
alcuni cosiddetti ‘amici’, che l’hanno postato sul web facendolo rimbalzare in
poco tempo su oltre centomila pagine. L’episodio risale ad oltre un anno fa, ma
neppure le buone notizie di questi giorni relative alla intimazione a Facebook,
Google, Yahoo e YouTube di provvedere alla rimozione dei contenuti incriminati,
hanno potuto evitare il suicidio. Questa la prima notizia.
La seconda notizia la riprendo dallo stesso giornale
versione on-line (perchè la velocità di diffusione ormai è tale che il giornale
cartaceo di oggi è già vecchio): “Rimini,
filmata dalle amiche mentre viene stuprata: il video finisce su Whatsapp”.
In questo caso la vittima ha 17 anni, va in discoteca con le amiche, beve a più
non posso e viene violentata nei bagni da un ragazzo di un paio di anni più
grande di lei. Nessuna delle presunte ‘amiche’, dalle quali è stata seguita in
bagno, è intervenuta per far cessare la violenza ma qualcuna (una? più di una?)
di loro ha filmato il tutto condividendolo su Whatsapp.
Il comportamento della ‘giovane’ della prima notizia fa in
realtà pensare non ad una donna di 31 anni quanto ad un’altra post-adolescente
con tendenze esibizionistiche estese ai rapporti più intimi, che non riesce a
prefigurarsi le implicazioni di un tale gesto, forse abbagliata dalla tendenza
sempre più diffusa in televisione e sui social ad essere visti da molti,
parlare di sè ed essere inondati di like.
E quando le implicazioni di quanto è accaduto emergono con tutta la loro forza
dirompente e destabilizzante, il peso delle conseguenze appare intollerabile.
Nel secondo caso la tendenza voyeuristica riguarda più le ‘amiche’ che non la diretta
protagonista, che esprime il suo disagio nello smodato consumo di alcolici; anche
se il comportamento non solo di chi ha usato violenza, ma anche di chi ha
filmato e diffuso in rete il tutto, avrà probabilmente risvolti penali e non
solo morali.
Osserverei anche che le tendenze esibizionistiche e voyeuristiche sono da adddebitare a
tutto il sistema della comunicazione -compresi i lettori/fruitori- che
considera degno di nota il sensazionalismo e l’eccesso, meglio se a tinte
fosche, tranne poi utilizzare qualche ‘foglia di fico’ tipo “non vi facciamo
vedere quanto potremmo farvi vedere, ma forse è meglio che non lo vediate”,
solleticando così anche la ricerca di qualche ‘residuo’ di immagine ed
informazione sulla rete che possa soddisfare curiosità o consentire di farsi un’opinione
più completa in merito.
E tornando alla prevenzione del suicidio è un vero peccato
che non si cerchi il modo per dare risalto agli aspetti preventivi, ed alle
moltissime azioni ed interventi che
possono dare e restituire la parola alle persone, specialmente i giovani, che vivono
un disagio molte volte profondo e senza nome; ma anche ai loro parenti,
congiunti ed amici che spesso riscoprono troppo tardi quanto la comprensione, l’ascolto,
la condivisione siano già di per sè momenti importanti di prevenzione di atti
autolesivi e di veri e propri atti suicidari. Perchè se i suicidi in Italia
sono circa 4.000 ogni anno, rappresentando la seconda causa di morte fra i
giovani, e ci sono oltre 24.000 sopravvissuti al gesto suicidario, sappiamo
anche che il fenomeno è ampiamente sottostimato perchè molte morti imputabili
ad altro (gli incidenti stradali, su tutti) nascondono intenti suicidi.
Ed allora, forse, visto che è il suicidio a fare notizia, per
invertire questo circolo vizioso, dovremmo cercare di concentrare i nostri
approfondimenti e la nostra voglia di ‘notizie’ sul ‘fallimento della prevenzione al suicidio’ e non tanto sul suicidio
in quanto tale. Cercando di innescare circoli virtuosi che promuovano ascolto,
comprensione e condivisione prima che azioni irreparabili consumino altre
esistenze.
Genova, 14 settembre 2016
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