mercoledì 14 settembre 2016

IL SUICIDIO FA NOTIZIA, LA PREVENZIONE NO.






Parto dalla semplice constatazione contenuta nel titolo: IL SUICIDIO FA NOTIZIA, LA PREVENZIONE NO.




Il 10 settembre ricorreva la Giornata Mondiale della Prevenzione al Suicidio: sono stato chiamato a moderare un incontro organizzato nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova, dal titolo ‘Avvicinarsi per conoscere e comprendere’, con una attenzione particolare al disagio giovanile. Ho accolto volentieri l’invito ritenendo doveroso prestare gratuitamente la mia professionalità per la migliore riuscita dell’iniziativa. L’incontro, dopo i saluti dell’Assessore Boero, con due relazioni di apertura significative -una più sistematica sulla situazione attuale del problema suicidi sia a livello nazionale che internazionale, la seconda su diversi casi clinici intrecciati all’esperienza autobiografica dello psichiatra che relazionava- e diverse testimonianze sia di associazioni che di singoli che avevano affrontato direttamente o in qualità di parenti vicende suicidiarie, oltre ad una rappresentazione teatrale di giovanissimi, l’incontro dicevo è andato molto bene, con oltre un centinaio di persone presenti.




Qual’è quindi il problema? Che non ho visto due righe sui giornali cittadini, nè prima nè dopo; nessuna televisione era presente, neanche locale; non so dire dei social, ma a prescindere da un paio di mie segnalazioni e forse qualche altra di organizzatori e partecipanti, non credo che dal punto di vista mediatico ne sia rimasta traccia alcuna.

Oggi apro il giornale e leggo a tutta pagina -ancorchè interna- “Alla gogna sul web per un video hot suicida dopo la lotta per farlo cancellare”: vi si fa riferimento alla tragedia di una giovane trentunenne napoletana che ha pagato cara la leggerezza di inviare un filmato dove veniva ripresa mentre faceva sesso con un coetaneo ad alcuni cosiddetti ‘amici’, che l’hanno postato sul web facendolo rimbalzare in poco tempo su oltre centomila pagine. L’episodio risale ad oltre un anno fa, ma neppure le buone notizie di questi giorni relative alla intimazione a Facebook, Google, Yahoo e YouTube di provvedere alla rimozione dei contenuti incriminati, hanno potuto evitare il suicidio. Questa la prima notizia.

La seconda notizia la riprendo dallo stesso giornale versione on-line (perchè la velocità di diffusione ormai è tale che il giornale cartaceo di oggi è già vecchio): “Rimini, filmata dalle amiche mentre viene stuprata: il video finisce su Whatsapp”. In questo caso la vittima ha 17 anni, va in discoteca con le amiche, beve a più non posso e viene violentata nei bagni da un ragazzo di un paio di anni più grande di lei. Nessuna delle presunte ‘amiche’, dalle quali è stata seguita in bagno, è intervenuta per far cessare la violenza ma qualcuna (una? più di una?) di loro ha filmato il tutto condividendolo su Whatsapp.




Il comportamento della ‘giovane’ della prima notizia fa in realtà pensare non ad una donna di 31 anni quanto ad un’altra post-adolescente con tendenze esibizionistiche estese ai rapporti più intimi, che non riesce a prefigurarsi le implicazioni di un tale gesto, forse abbagliata dalla tendenza sempre più diffusa in televisione e sui social ad essere visti da molti, parlare di sè ed essere inondati di like. E quando le implicazioni di quanto è accaduto emergono con tutta la loro forza dirompente e destabilizzante, il peso delle conseguenze appare intollerabile.

Nel secondo caso la tendenza voyeuristica riguarda più le ‘amiche’ che non la diretta protagonista, che esprime il suo disagio nello smodato consumo di alcolici; anche se il comportamento non solo di chi ha usato violenza, ma anche di chi ha filmato e diffuso in rete il tutto, avrà probabilmente risvolti penali e non solo morali.

Osserverei anche che le tendenze esibizionistiche e voyeuristiche sono da adddebitare a tutto il sistema della comunicazione -compresi i lettori/fruitori- che considera degno di nota il sensazionalismo e l’eccesso, meglio se a tinte fosche, tranne poi utilizzare qualche ‘foglia di fico’ tipo “non vi facciamo vedere quanto potremmo farvi vedere, ma forse è meglio che non lo vediate”, solleticando così anche la ricerca di qualche ‘residuo’ di immagine ed informazione sulla rete che possa soddisfare curiosità o consentire di farsi un’opinione più completa in merito.




E tornando alla prevenzione del suicidio è un vero peccato che non si cerchi il modo per dare risalto agli aspetti preventivi, ed alle moltissime azioni ed interventi  che possono dare e restituire la parola alle persone, specialmente i giovani, che vivono un disagio molte volte profondo e senza nome; ma anche ai loro parenti, congiunti ed amici che spesso riscoprono troppo tardi quanto la comprensione, l’ascolto, la condivisione siano già di per sè momenti importanti di prevenzione di atti autolesivi e di veri e propri atti suicidari. Perchè se i suicidi in Italia sono circa 4.000 ogni anno, rappresentando la seconda causa di morte fra i giovani, e ci sono oltre 24.000 sopravvissuti al gesto suicidario, sappiamo anche che il fenomeno è ampiamente sottostimato perchè molte morti imputabili ad altro (gli incidenti stradali, su tutti) nascondono intenti suicidi.

Ed allora, forse, visto che è il suicidio a fare notizia, per invertire questo circolo vizioso, dovremmo cercare di concentrare i nostri approfondimenti e la nostra voglia di ‘notizie’ sul ‘fallimento della prevenzione al suicidio’ e non tanto sul suicidio in quanto tale. Cercando di innescare circoli virtuosi che promuovano ascolto, comprensione e condivisione prima che azioni irreparabili consumino altre esistenze.

Genova, 14 settembre 2016

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