Mi avvio per la strada che sale sulla collina alle
spalle di Prà, in quel di Genova, dopo aver lasciato l’auto ad una certa
distanza. Due macchine del Vigili Urbani stazionano nelle vicinanze,
probabilmente perché anche il Sindaco, questa sera, sarà della partita; o più
semplicemente perché è previsto un consistente afflusso di mezzi provenienti da
tutta la città ed oltre.
Due anni fa
l’avvicinamento al luogo dell’appuntamento –il Palacep di Prà- si è ripetuto in
modo analogo per i festeggiamenti degli 83 anni del Don, mentre oggi si
festeggia il suo 85° compleanno.
Verrebbe da dire:
niente di strano!
Ma qualcosa è
cambiato. Il grande schermo al lato dell’ampia spianata al coperto proietta
l’immagine di Don Gallo con l’inseparabile sigaro ed un messaggio forte e
chiaro: VIVO E VEGETO.
Insieme ad un
esponente di Radio Popolare, Carla Peirolero, grande attrice, amica di sempre e
‘compagna di scena’ di Don Andrea Gallo negli ultimi anni di testimonianze dai
palchi dei teatri di Genova e di molte altre città d’Italia, guida con calda
partecipazione lo svolgimento della serata.
Sul palco si
avvicendano in molti, quasi tutti già mobilitati negli anni per le mille cause,
oltre alla sopravvivenza della sua multiforme Comunità di San Benedetto al
Porto, che instancabilmente Andrea ha
promosso. Nella platea il pubblico è comunque folto e si può stare certi che
chi stasera si è spinto fin quassù è stato a suo modo vicino a Don Gallo e alle
sue battaglie, e non intende rinunciare a frequentarlo ancora.
La direttrice del
Manifesto, il direttore del Fatto Quotidiano e il vicedirettore del Secolo XIX
alternano analisi politiche a considerazioni sulla figura del Don: così
particolare, così di sinistra, così legato comunque alle sue scelte di campo.
L’intreccio con l’attualità gli sarebbe comunque piaciuto.
Loris Mazzetti,
coautore con il Don di ‘Sono venuto per servire’[1],
preannuncia l’uscita di un secondo volume che sarà prossimamente allegato al
Fatto Quotidiano; il circolo ‘Fuori Orario’ fa riferimento alla raccolta realizzata
alla festa nazionale dello stesso giornale di 15.000 euro perché la sua opera possa proseguire; un
gruppo di ragazzi di una delle Comunità legge un comunicato di denuncia delle
inumane condizioni carcerarie con le decine di morti degli ultimi mesi, molti
dei quali suicidi; il sindaco di Milano Pisapia, trattenuto da questioni di
bilancio, non fa mancare la sua voce in diretta concludendo con un
significativo: “Ci incontreremo ancora. Ci incontreremo sempre.”
Ma come dice bene
Carla introducendo sul palco chi catturerà la scena per gran parte della serata,
le parole sono parole, magari belle, ma è la musica che raggiunge il cuore. Ed
è proprio vero: i discorsi, anche sofisticati, arrivano alla testa ma raramente
si spingono oltre. Teresa De Sio, scivolando leggera sul palco attorniata dai
suoi musicisti, chiarisce di cosa si occupi dicendo: “Questo è il folk, che è
il rock del popolo!”
Le sue mani si
agitano tutto intorno, fendono l’aria mentre canta di briganti costretti alla
ribellione. “Vale per Don Gallo, ma vale anche per me”, dice schierandosi
apertamente in maniera partigiana. Il ritmo è incalzante e le note scorrono
tutto intorno avvolgendo il pubblico presente in sala, finora piuttosto
tiepido.
Vedo Don Gallo con
la sua sciarpa rossa e la sua bandiera arcobaleno muoversi avanti e indietro
per il palco, come ha sempre fatto in più e più occasioni. Poi guardo meglio e
realizzo che è il grande cappello con la sciarpa rossa che domina il palco,
ormai e per sempre il simbolo del Don, unitamente alla bravura di una
trascinante De Sio, a rievocare una presenza quasi fisica.
La forza e l’anima
della Comunità è sempre stata Don Gallo, il suo fondatore.
Ma la Comunità non
si rassegna ed è con questa determinazione che si appresta a raccogliere ciò
che il Don ha seminato.
Lui non c’è più. Ma
c’è ancora. Ed è proprio ‘vivo e vegeto’: nei pensieri, nella musica, negli
occhi e nel cuore di chi, più che ascoltare, partecipa.
“Il male grida
forte, ma la speranza grida ancora più forte!” Dopo i volteggi immaginari fra
le note musicali, è la sua voce, chiara, limpida, precisa e tagliente che entra
sotto il tendone, e tutti la colgono nella sua unicità e schiettezza poetica di
sempre.
La serata sembra
volgere al termine, ma c’è ancora tempo per assistere ad un vero e proprio
miracolo del Gallo (sembra infatti di sentire l’eco dell’invocazione ‘Santo
subito!’) quando il sindaco più serioso e compassato d’Italia, il nostro Marco
Doria, si scioglie –complici i coinvolgenti comici del duo ‘I soggetti
smarriti’- in movimenti e risa che lo restituiscono alla sua città più friendly
e divertente.
E poi la proposta di
intitolargli una delle piazzette del Ghetto nel centro storico della città dove
sapeva muoversi come pochi con i suoi ‘ultimi’ che diventavano ‘primi’; una
piazza che non aspettava altro, se pensiamo che attualmente si chiama ‘Piazza
senza nome’.
E ancora due figure
così differenti e significative del panorama nazionale come Maurizio Landini,
il serio e appassionato militante della giustizia sociale e segretario della
FIOM, e Vladimir Luxuria, esponente di primo piano della comunità transgender,
che sottolineano da un lato la sua capacità empatica di essere vicino alle
masse –con l’evocazione di un memorabile comizio in Piazza Duomo- e dall’altro la
sua naturale vicinanza ai singoli di chiunque si trattasse – con il ricordo del
loro primo indimenticabile incontro che le rivelò come potessero esistere anche
dei preti ‘diversi’-.
E molto altro
ancora, che tutto non si può dire, fino all’abbraccio finale fra palco e
pubblico in un clima di festa che, sono sicuro, il Don da lassù, ha senz’altro
gradito.
Perché Don Andrea
Gallo in effetti non è più fra noi da oltre un mese. Ma, come abbiamo potuto toccare con mano,
invece e nonostante tutto, c’è ancora. Eccome se c’è.
E, come raramente
accade, non è ‘commemorato’, bensì pensato in allegria.
[1] Cfr. la
recensione all’indirizzo http://www.lua.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1938&Itemid=41
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