giovedì 5 settembre 2019

AUTOBIOGRAFIA DI UN SUPERVAGABONDO - W.H. Davies - Prefazione G.B. Shaw





AUTOBIOGRAFIA DI UN SUPERVAGABONDO
di  W.H. DAVIES - Con Prefazione di G. B. Shaw 
(Rizzoli, 1948) 



Recensione pubblicata in LEGGILIBRI - Rivista 'Psicologi e Psicologia in Liguria', n. 1/ giugno 2019.




Mai più mi sarei aspettato, vagabondando pigramente fra i banchetti di un mercatino dell'antiquariato il primo giorno di primavera, di incontrare un supervagabondo: badate bene, non in carne e ossa, bensì in carta e penna. L'incontro è avvenuto, infatti, con la sua autobiografia, pubblicata a Londra 110 anni fa, nel lontano 1908, e stampata in Italia nel 1948. Solo successivamente ho scoperto che il libro ha ispirato la nascita della notissima band di progressive rock dei ‘Supertramp’.

George Bernard Shaw ne ha firmato la prefazione, raccontando di aver ricevuto un libro di poesie, probabilmente autoprodotto, da uno sconosciuto W. H. Davies, con una lettera accompagnatoria che invitava a pagare mezza corona oppure a restituirlo. Incuriosito da tale stranezza Shaw scorre il libretto, e si stupisce trovando l’autore ‘un vero poeta’. Dall’acquisto di alcune copie all’accettare di presentare la sua autobiografia il passo è stato breve, precisando nel suo scritto introduttivo: "Mi affretto ad affermare fin da principio che io non ho nessuna conoscenza personale con l'incorreggibile supervagabondo che ha scritto questo libro sorprendente."

Le prime avventure di viaggio Davies le sperimenta con il nonno, che lo aveva adottato dopo la morte del padre, in brevi spostamenti sulla piccola goletta di un amico comandante.
Dal nonno eredita l’irrequietezza, e la vera svolta della vita è legata alla morte dei nonni, che gli lasceranno una piccola rendita amministrata da un curatore. Con un anticipo sui redditi futuri, Davies, “pieno di speranze e di progetti”, si imbarca così per l’America.

Fin da subito, in un Paese attraversato alla fine del secolo scorso da una grave crisi commerciale,  Davies da New York comincia i suoi spostamenti con diversi compagni di strada, alcuni noti mendicanti con i quali affinerà l’arte del mendicare, apprendendo anche la capacità di evitare la prigione, spesso pagando pochi dollari; oppure sfruttando la calda accoglienza delle stesse, specie nei periodi invernali. Per gli spostamenti i treni merci rappresentano il mezzo più usuale, anche se spesso pericoloso. Rientra in Inghilterra e percorrerà avanti e indietro l’oceano più volte, rischiando la vita con i movimenti imprevisti dei capi di bestiame cui badare.

Dopo aver trascorso quasi cinque anni di vagabondaggi negli States e con la parziale sicurezza della piccola rendita, Davies rientra in Inghilterra per poi ripartire  per il Canada, attratto da una descrizione del Klondyke come una terra d’oro, vista in un giornale della sera. Ed è durante uno dei suoi spostamenti in treno che Davies manca lo scalino di un treno in corsa, rischia la vita e subisce l’amputazione di un piede. Visti gli oggettivi impedimenti fisici, rientra a Londra e la sua irrequietezza si riversa sul versante intellettuale. Dopo un anno di letture e di lavoro di scrittura di poesie, le stampa in migliaia di copie, tenta la vendita porta a porta e, quindi...brucia tutto.

Ricomincia così a girare per città e campagne, facendo l’arrotino e il mendicante, cercando con i proventi di pubblicare un suo lavoro, fino all’originale stretegia di marketing testimoniata dallo stesso Shaw in prefazione. Questa, unitamente ad un paio di recensioni positive, lo porteranno ad una relativa notorietà, pur senza far venire meno vicissitudini ed affanni. Così si conclude il suo lavoro: “…ho la consolazione di sapere che molti poveri diavoli, che non hanno il talento o i mezzi per rendere pubbliche le loro esperienze, sanno che io ho scritto la verità. Questa non è che una misera consolazione, perché quei poveri diavoli non sono gente che sia in grado di sostenere un campione della loro causa, bensì, sono persone che soffrono, impotenti, nelle mani di una classe più forte.” 

Finale all’apparenza mite e dimesso, ma che in realtà assume le vesti di una sorta di dichiarazione di guerra, supportata dall’intera propria esistenza.

Giorgio Macario





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