UNO SGUARDO
AUTOBIOGRAFICO SUL FESTIVAL LUA-2018
di Giorgio Macario
‘Vivere e
scrivere il tempo’ è una tematica che rimarrà a lungo impressa nella memoria
degli oltre 200 partecipanti al Festival dell’Autobiografia 2018, e non solo.
Le migliaia
di visualizzazioni sui social network
che hanno preceduto di alcuni mesi l’evento realizzatosi -come gli anni scorsi-
ad Anghiari nel primo fine settimana di settembre, con le anticipazioni
pubblicate sul nuovo sito della Libera Università dell’Autobiografia di
Anghiari (www.lua.it ), e le news-letter
inviate agli amici della LUA, unitamente alla presenza di notizie sul Festival nei Media nazionali (
Il quotidiano La Repubblica l’ha indicato fra i 100 Festival di rilievo per il
2018 a livello nazionale) e locali, oltre al consueto passa-parola fra gli amici
della LUA, hanno certamente contribuito al successo dell’evento.
L’avvio del Festival
ha visto i saluti del Sindaco di Anghiari Alessandro Polcri, alcune considerazioni
in tema della Presidente della LUA Stefania Bolletti e l’introduzione ai lavori
del fondatore Duccio Demetrio.
“Se qualcuno
mi chiede cos’è il tempo lo so, ma se mi si chiede di spiegare il tempo, non lo
so.” Così Salvatore Natoli, filosofo e ordinario di Filosofia teoretica all’Università
Bicocca di Milano, ha avviato gli approfondimenti tematici, citando Agostino
nelle Confessioni, con la sua Lectio
Magistralis su ‘Tempo, filosofia e scrittura di sè’. Ha parlato di un tempo
‘anziano’, nell’ambito del quale il futuro nasce per morire, e rispetto al
quale l’uomo ha bisogno di eternità per potersi sottrarre al tempo, facendo
naufragio per uscire dal tempo che si consuma. Ed ancora, citando il fatto che
noi siamo la nostra memoria, memoria fatta di dimenticanza; se non avessimo l’oblio
non avremmo la memoria, e siamo quindi molto di più di quello che emerge alla
memoria, siamo molto di più di ciò che emerge in noi. Poichè essere fatti di
memoria -ha proseguito Natoli-, trama di memoria, vuol dire essere costruiti da
ciò che è altro da noi; non basta perciò raccontarsi, ma occorre cercare e
cercarsi. E l’autobiografia appare quindi una operazione non facile, poichè
bisogna esaminare ciò che si è fatto, essere censori di se stessi; ma anche
condannarsi non è detto sia una soluzione, poichè è possibile farlo per sentirsi
giustificati. Confessarsi è quindi una
modalità possibile per esaminarsi, ci si può infatti confessare a se stessi, ma
ci si può altresì confessare ad un altro; e la confessione può essere espressa
nella scrittura, perchè gli altri possano vedere come io ho fatto, come esempio
per indicare una strada o sapere come gli altri possono accogliere quanto
scrivo. Queste alcune delle riflessioni offerte ad un teatro stracolmo di
persone in attento ascolto. Fino a giungere alla conclusione relativa alla
domanda: “Come superare la delusione del tempo?” Salvandolo nell’infinito -ci dice
Natoli- ma anche sapendo che si può essere sempre felici se ad ogni momento si
ha la capacità di cogliere tutta la gioia possibile; è così che momento dopo
momento, si finisce con l’essere felici. E’ per questo che il segreto sta nel
fatto che più sa di se stessi e più si avrà la capacità di afferrare il mondo.
Il tentativo
di sintesi parziale di un contributo così denso, illuminante e approfondito, quale
quello offerto da Salvatore Natoli, non è certamente all’altezza del compito e
riprende solo alcuni degli aspetti che più hanno risuonato in me, ma è motivato
dal tentativo di trasmettere anche alle persone non fisicamente presenti il motivo
del suo essere stato accolto, al termine dell’intervento, da un interminabile e
convinto applauso corale.
Un analogo applauso
ha accompagnato le due esibizioni di Emanuele Ferrari, pianista e ricercatore
di musicologia: un musicista-docente dotato di una rara presenza scenica, che
ha alternato magistrali esecuzioni di brani classici con esemplificazioni
verbali su come fosse possibile ascoltarli comprendendone sfumature e
significati diversi, segmentandone l’esecuzione e intonando arie capaci di
illustrare le diverse sonorità; accompagnando quindi il pubblico fra le sue
lucide dissertazioni, alternando immersioni emotivamente coinvolgenti al
pianoforte con domande non retoriche rivolte ad un pubblico particolarmente
attento.
I due
contributi citati sarebbero bastati, da soli, a giustificare il viaggio fino ad
Anghiari dalle diverse parti d’Italia, sicuramente il mio da Genova. Ma il loro
concentrarsi nel pomeriggio-sera del venerdì, unitamente ad approfondimenti
poetici molto significativi ed alla presentazione del nuovo circolo LUA di
scrittura autobiografica in cammino ‘D.H.Thoreau’, ha contribuito al
diffondersi fra i presenti nel teatro esaurito, di una soddisfazione palpabile
carica di ulteriori aspettative.
Il tempo non
molto clemente che minacciava pioggia per la giornata successiva, ha costretto
ad alcuni aggiustamenti logistici pur consentendo la realizzazione di qualche
attività all’aperto. La mattinata del sabato, svoltasi in teatro come il
pomeriggio precedente, ha consentito l’approfondimento della variabile tempo in
connessione alla letteratura (P. Di Paolo), all’inconscio (N. Terminio), alle
immagini di sè (S. Ferrari), alla scrittura (C. Schammah) e alla lettura (F.
Scrivano), così come nel primo pomeriggio altri esperti e docenti universitari,
in gran parte colleghi membri del Consiglio Scientifico del Centro Nazionale di
Ricerche e Studi Autobiografici, sono state esplorate le tematiche relative
alle generazioni (P. Jedlowski), alla lentezza (G. Nuvolati), alla natura (G.
Accinelli) ed alle infanzie (G. Bandini), in connessione con il fattore tempo.
Se poi nella
sosta pranzo diverse decine di partecipanti hanno potuto realizzare i previsti
Laboratori di scrittura in cammino per le strade di Anghiari, con l’esplorazione
dello scrivere autobiografico, dell’apparire del desiderio, delle prime parole,
della trama e dell’epilogo ed oltre, potendo contare ancora sull’assenza di
pioggia, nel pomeriggio inoltrato le nove diverse presentazioni di decine di volumi,
progetti e ricerche ‘Ai tavolini dei caffè’ di Anghiari, sono state tutte
realizzate usufruendo degli spazi al coperto causa una pioggia a tratti
battente.
Dall’infanzia
alle autobiografie di cura, dai giovanissimi scrittori al tempo delle comunità,
dalla saggistica autobiografica alle letture al leggio, per non citarne che
alcune, tutti i partecipanti hanno avuto modo di scegliere fra le aree di
approfondimento quella più gradita.
Certo,
avendo io cooordinato la presentazione della sessione ‘Da un tempo all’altro:
generazioni’, mi concedo in questo spazio una citazione autobiografica relativa
alla presentazione dei lavori.
“Ci dice
Eugenio Borgna, che premiamo quest’anno con il Premio Città dell’Autobiografia,
relativamente al suo testo ‘Il tempo e la vita’ del 2015: ‘La realizzazione più
profonda di una vita che non sia chiusa dentro ai muri dell’egoità, per non
dire dell’egoismo, si può ottenere soltanto se partiamo dalla coscienza che noi
siamo anche ciò che diamo agli altri, che realizziamo fino in fondo le nostre
aspirazioni solo quando siamo in relazione con gli altri.’ Se vivere e scrivere
il tempo è l’argomento generale di questa edizione odierna del Festival, il
significato di questa sessione dedicata alle generazioni che si confrontano, si
intrecciano, ma anche si ascoltano, è proprio l’avvio di questo essere non da
soli, ma in relazione con gli altri. E non è un mistero che questa
disponibilità all’ascolto degli altri parta proprio alla capacità di ascoltarsi
e di valorizzazione autobiografica; e, ancora, che dalla capacità di ascolto e
di memoria che riguarda in primo luogo i
propri genitori ed i propri figli si concretizzi una valorizzazione biografica
che si può facilmente estendere a persone che sentiamo vicine così come ai loro
genitori e figli.” E proprio queste tematiche sono state affrontate nel
confronto allargato che ha coinvolto i cinque autori (D. Alfonso, A. Macario, S. Di Paolo, M. Moreschini, G. Diquattro) che hanno presentato altrettanti
volumi pubblicati fra il 2017 ed il 2018.
Se la serata
di sabato 1 settembre ha visto una significativa rappresentazione teatrale dal titolo
‘MemoriaControErosione. Il cibo nella valigia’ di Andrea Merendelli ed Effetto
K, la mattina conclusiva di domenica 2 settembre ha racchiuso in un tempo
contenuto, oltre ad alcune presentazioni sul tempo nei romanzi autobiografici,
sia la presentazione dei lavori del Premio Città dell’Autobiografia-Sezione
Studi e Ricerche (con la premiazione della tesi magistrale in area
etno-antropologica di Ilaria Bracaglia su ‘Genua ist uberall. Un viaggio tra i
paesaggi del G8 di Genova’, che ho particolarmente apprezzato), sia le
successive premiazioni finali. Eugenio Borgna, fra i più eminenti psichiatri
italiani, che per motivi di salute non ha potuto essere presente, ha ricevuto
il Premio Città dell’Autobiografia 2018, inviando un toccante saluto presentato
e letto da Duccio Demetrio; successivamente ad Antonio Prete -poeta e maggior
esperto dell’opera di Leopardi in Italia- è stato conferito il Premio per la
saggistica letteraria.
Un Festival,
in conclusione, che difficilmente sarà dimenticato e che ha riproposto a tutti
-per citare il fondatore della LUA, Duccio Demetrio- “la complessità del tempo,
dinanzi alla opacità dei giorni incogniti; delle parole perdute per sempre e
perciò da reinventare, dei confini soggettivi inviolabili dalla stessa
scrittura, (che rappresenta) la sfida che essa ci propone.” Con l’ulteriore sfida
per un Festival 2019 ancor più memorabile.
Mi dispiace di non esserci stata. Cari saluti a tutti. FS
RispondiEliminaRicambio i saluti. Al prossimo anno, se ci sarà modo di incontrarsi. GM
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