Convegno Internazionale
ALLARGARE LO SPAZIO FAMILIARE:
ESSERE FIGLI NELL’ADOZIONE E NELL’AFFIDO
Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia
Università Cattolica di Milano – 13/14 febbraio 2015
Workshop –
14/2/2015, h. 11.30/13.30
Esempi di best practices
nell’adozione
Chair
Rosa ROSNATI
Interventi
Le disponibilità all’accoglienza
nell’adozione: la sperimentazione del questionario
“Pensando al futuro” all’interno dello
studio di coppia
Alessandra MORO, ULSS
16, Padova
In cammino con le famiglie adottive:
genitori, figli e operatori tra pensiero e azione.
Il post-adozione a Parma
Rossella KUNTZE, AUSL
Parma
Patrizia BIZZI, Comune
di Parma
“Arriverà un fratellino adottivo”:
accompagnare la famiglia nell’adozione
Luciana CURSIO, ASL
MI1
La collaborazione tra famiglie e servizi:
l’esperienza di A.A.A.
(Adozione, Affido, Accoglienza)
Tiziana GIUSBERTI, A.U.S.L.,
Bologna
Sostenere nel post-adozione:
l’utilizzo del video feedback
Marta CASONATO, Università
degli Studi di Torino
Discussant
Giorgio
MACARIO, Università degli Studi di Genova
Il Convegno Internazionale del 13 e 14 febbraio 2015 che ha visto la presenza di oltre 250 partecipanti da tutta Italia ha consentito di ascoltare riflessioni ed esperienze fra le più avanzate in Italia.
Personalmente mi è stato chiesto di intervenire al workshop sull'adozione, più di 150 le persone presenti, in qualità di discussant dopo che i presenti hanno potuto alcoltare alcune fra le più avanzate esperienze provenienti dalle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. (Nominativi degli operatori, organizzazioni di appartenenza e titolo dell'intervento sono riportati più sopra).
Visti i numerosi apprezzamenti ricevuti per la sintesi delle possibili trasversalità individuabili fra le diverse esperienze illustrate, ed in attesa della eventuale pubblicizzazione dei materiali, riporto di seguito la sintesi che ho realizzato.
WORKSHOP
Esempi di best practices nell’adozione
Discussant – Giorgio Macario
Poter
considerare i principali soggetti coinvolti nel percorso adottivo –la coppia
aspirante adottiva e il bambino adottato- non solo come portatori di bisogni e
sofferenze, bensì anche come detentori di competenze, capacità e risorse, è uno
dei principali traguardi da raggiungere per poter far sì che anche il percorso
adottivo dia il suo contributo nell’auspicato passaggio –per dirla con Miguel
Benasayag- dall’epoca delle passioni tristi all’epoca delle passioni gioiose.
Occorre
infatti attivare percorsi di apprezzamento degli apporti di competenze
specifiche di genitori e ragazzi, competenze che sono ‘naturali’ non nel senso
di innate, quanto nel senso di essere caratterizzate da una natura non
strettamente professionale, e ciononostante altamente apprezzabili.
L’attenzione
alla soggettività della coppia aspirante all’adozione prima ed alla famiglia
adottiva ed al bambino adottato poi, costituiscono infatti un aspetto centrale che
attraversa le ‘buone pratiche’ che vi sono state appena illustrate: gli
operatori esperti che abbiamo ascoltato con interesse ci hanno infatti fatto
capire che in tutto il percorso adottivo le persone non sono ‘oggetto di
valutazione’ bensì ‘soggetti di un percorso’. Ma anche, potenzialmente, ‘attori’
del proprio cammino e, in prospettiva, ‘autori’ di tutta la propria storia
adozionale e adottiva.
Lo
stesso Jesus Palacios -che abbiamo ascoltato poc’anzi- nei suoi svariati studi,
compresa naturalmente la recente versione italiana del ‘Manuale degli
interventi professionali nell’adozione internazionale’ edito nel 2013 a cura
della Regione Emilia Romagna, esorta, riprendendo anche analisi di studiosi
Irlandesi e non solo, a tener presente che da parte degli operatori occorre
mettere in campo più riflessione che valutazione, con un processo maggiormente
orizzontale e partecipato.
Queste poche notazioni di carattere generale ritengo
siano utili per inquadrare alcune possibili trasversalità che vi propongo come
ulteriori spunti. Trasversalità che consentono di ripensare alla singola
esperienza esposta non come un unicum, bensì come parte di tracciati interconnessi.
1) La
prima trasversalità va dal PRE-ADOZIONE al POST-ADOZIONE, e viceversa. Non si
tratta infatti di un percorso lineare e unidirezionale, bensì di una situazione
circolare, dove spunti metodologici generati nel post-adozione (pensiamo allo
sviluppo dell’utilizzo dei gruppi) possono, ad esempio, essere determinanti per
sviluppare aree del pre-adozione (si pensi alla successiva estensione
dell’utilizzo dei gruppi nel tempo dell’attesa). Le esperienze portate hanno
spaziato dallo studio di coppia al tempo dell’attesa, dal post-adozione
immediatamente successivo al post-adozione proiettato nell’inserimento sociale
e lavorativo dei ragazzi adottati.
2) Una
seconda trasversalità và dall’ADOZIONE all’ACCOGLIENZA più in generale, e
viceversa. Adozione, Affido e Accoglienza –le 3A proposte dall’esperienza di
Bologna- rappresentano infatti aree diversificate ma spesso anche
interconnesse, dove i confini sono sì giuridicamente definiti ma sempre più
soggetti a ridefinizioni culturali.
3) La
terza e a mio avviso più significativa trasversalità va dal GRUPPO al SINGOLO,
passando per il neo-costituito NUCLEO FAMILIARE, e viceversa anche in questo
caso. Entrambe queste polarità, infatti, sono rilevanti e significativamente
approfondite nelle esperienze riportate:
-Il/I GRUPPO/I al centro nell’esperienza
del Comune e della ASL di Parma (dove è un contratto a sancirne l’importanza),
e I GRUPPI utilizzati come strumento partecipativo sia per l’adozione, per
l’affido e per l’accoglienza nell’esperienza della AUSL di Bologna (con una
particolare attenzione alle reti e a un ‘accompagnamento leggero’).
-IL NUCLEO FAMILIARE al
centro dell’esperienza di utilizzo del VIDEO-FEEDBACK realizzata da ARAI –
Regione Piemonte per il supporto delle prime fasi di inserimento del bambino
adottato (scontando la non semplicità di applicazione anche per le scarse
risorse umane adeguatamente formate e le consistenti risorse materiali
necessarie).
-L’attenzione
particolarmente significativa per i SINGOLI, non certo slegati dal proprio
contesto, è rintracciabile in primo luogo nell’esperienza dell’ULSS n. 16 di
Padova dove il questionario ‘Pensando al futuro’ viene consegnato agli
aspiranti genitori adottivi perché lo compilino individualmente ‘secondo i
tempi di riflessione di ciascuno’; in secondo luogo quest’attenzione è al
centro dell’esperienza della ASL Milano 1 con il progetto ‘Arriverà un fratellino
adottivo’ rivolto all’accompagnamento e tutela nel tempo dell’attesa del soggetto
forse più debole –e molto trascurato fino ad oggi- quale è il bambino già
inserito in famiglia e la salvaguardia non solo formale della sua
primogenitura.
Tre possibili
trasversalità, certamente non le uniche, che possono forse conferire un
ulteriore valore aggiunto ad esperienze che rappresentano già di per sé quanto
di più significativo si trovi fra le ‘best practices’ a livello nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento