L'AUTOBIOGRAFIA, LE BIOGRAFIE, L'ANALISI STORICO-POLITICA
Autobiografia
e scrittura sono saldamente legate poiché scrivere è parte integrante della
scrittura (graphein) della propria (autòs) vita (bìos).
Se
ciò appare valido per chiunque, per alcuni lo è ancor di più. Uno di questi è
sicuramente Eugenio Scalfari che nella chiusura del suo ‘Racconto
autobiografico’ ci dice: “Dal canto mio la scrittura è al tempo stesso una mia
vocazione e l’impossibilità di fare altrimenti.”, e prima ancora afferma: “La
mia vera passione era quella di scrivere.“
Le
120 pagine del racconto di Scalfari, figura ormai indissolubilmente legata alla
nascita ed al crescente successo del ‘suo’ quotidiano La Repubblica, esplorano tre
aspetti fondamentali, immersi in un intreccio narrativo ad andamento
sequenziale-fattuale ed al contempo introspettivo.
Il
primo aspetto è prettamente autobiografico e prende avvio dai “ragguagli sugli
antenati” (particolare e significativa ad un tempo la rievocazione del nonno
paterno Eugenio, massone e socialista, che in occasione del 1° maggio guidava
una marcia di tutta la famiglia e dei vicini attorno al loro palazzo al canto
dell’Internazionale) per poi concentrarsi
sulle donne della sua vita (le quattro donne che –ci dice parafrasando il
Petrarca –“intorno al cor mi son venute” ed alle quali è stato dedicato sia il
testo ‘L’uomo che non credeva in Dio’, sia le pagine di questo racconto:
Simonetta la moglie, Enrica e Donata le figlie, Serena prima compagna e poi
moglie) e sulla ricostruzione delle vicissitudini che lo hanno riguardato
nell’infanzia, nell’adolescenza e nell’adultità (coinvolgendo il lettore sia in
personalissimi timori, come la temuta separazione dei genitori, sia nel
rievocare esperienze professionali particolari, come la direzione durata cinque
mesi di una casa da gioco). L’emergere a più riprese di riferimenti alla
propria vita privata caratterizza comunque tutto lo scritto, nella convinzione,
dichiarata dall’autore, che “in una memoria autobiografica (…) non ci possa
essere una rigida distinzione tra vita privata e vita professionale e pubblica
poiché l’una si riflette inevitabilmente sull’altra e viceversa.”
Il
secondo aspetto, più propriamente biografico, tratteggia singoli aspetti di alcune
fra le figure più significative del ‘900: politici, dirigenti di partito e
intellettuali; figure istituzionali di primo piano e generali; economisti ed
imprenditori; editori, colleghi direttori e giornalisti, sono testimoni e protagonisti di incontri,
confronti e scontri accesi con l’autore, che non disdegna mai ‘fatiche, lotte e
rischi.’
Il
terzo aspetto è di natura politico-sociale. Nonostante, infatti, la storia
dell’Italia rimanga sullo sfondo, sono
molti i passaggi cruciali della democrazia italiana che vedono Eugenio Scalfari
come attivo testimone degli eventi che si succedono. Uno su tutti il ‘Piano Solo’ del 1964 che ha come
principale protagonista il generale De Lorenzo, tirato in ballo dall’Espresso tre
anni più tardi con una specifica inchiesta. Lo stesso De Lorenzo si trasforma
in accusatore sporgendo querela per diffamazione ed il Tribunale, pur prendendo atto di non aver potuto
disporre della documentazione richiesta anche a seguito dei costanti omissis e
del segreto di Stato invocato dal Presidente del Consiglio Aldo Moro, emette
una condanna a 17 mesi di reclusione ed al pagamento delle spese processuali.
Alcuni
anni fa, nel presentare uno dei più autobiografici fra i suoi testi (‘L’uomo
che non credeva in Dio’ del 2009) riportavo un’affermazione dello stesso
Scalfari che diceva: “Se fosse possibile raccontare la propria morte e di lì
procedere a ritroso narrando la propria vita, allora si che l’autobiografia
diventerebbe un genere letterario maggiore. Ma purtroppo non si può.”
Certo
l’affermazione potrebbe essere riproposta. Ma è altrettanto vero che lo stretto
intreccio fra scelte personali e ricadute pubbliche dei propri gesti, la
leggerezza di un incedere narrativo che procede per ‘racconti’ più che per
‘asserzioni’ e la testimonianza di vita che non trascura le vicende familiari
pur in presenza di imponenti trascorsi professionali, collocano già il
‘racconto’ di Eugenio Scalfari al centro di uno scaffale autobiografico
indispensabile per far tesoro del nostro passato e consentirci di costruire un
futuro degno di essere vissuto.
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