25 aprile 2015
Il 70° della Resistenza e della Liberazione
Pensando oggi al 70°
anniversario della Resistenza e della Liberazione, la prima cosa che mi torna
alla mente è il 49° anniversario della Liberazione. Mi direte: e che
anniversario era? E’ prassi comune che si festeggino gli anniversari a cifra
piena, meglio se multipli di dieci, non certo le vigilie ed i numeri dispari
(fatta eccezione per il 25°).
Ma il 25 aprile 1994, appunto
il 49° della Liberazione d’Italia, ha rappresentato uno di quei momenti epocali
cui si partecipa non certo per caso, ma sicuramente un po’ al ‘buio’, senza
sapere se ci si troverà fra quattro gatti, come è capitato in passato non poche
volte.
Per di più pioveva a dirotto:
siamo partiti ugualmente con mia moglie, in treno da Genova, alla volta di
Milano e una volta arrivati…ci siamo trovati in compagnia di altri 999.998
(circa) ‘resistenti’ che volevano trovare il modo giusto per testimoniare
l’attualità della Resistenza di contro al crescente revisionismo e alla progressiva
perdita di significato dell’evento ridotto da tempo a vuote e stantie
celebrazioni.
Nanni Moretti, uno fra i più
sensibili testimoni dei nostri tempi, si reca anche lui a Milano e gira alcune
scene del suo film ‘Aprile’, immortalando per sempre un oceano di ombrelli,
commentando di conseguenza lo scorrere delle immagini con le parole: “Ma piove sempre e riesco a inquadrare
solamente ombrelli... ombrelli e ombrelli.”
Oggi,
25 aprile del 2015, ho come l’impressione che il clima venutosi a creare
attorno alle celebrazioni del 70° della Liberazione dell’Italia, rappresenti,
al di là del traguardo che è già importante sia stato raggiunto nel ricordo e
non nell’oblio, un momento altrettanto significativo di testimonianza
militante.
Cercherò
di confermare questa mia impressione con un resoconto per quanto possibile
dinamico dello spettacolo “Aria di libertà”, realizzato alla vigilia del 25
aprile a Genova nel Palazzo Ducale da un bravissimo artista come Giampiero
Alloisio (collaborazioni importanti fra gli altri con Francesco Guccini e
Giorgio Gaber) che insieme a Gianni Martini (chitarrista di grande talento) ha
dato vita negli anni ’70 al gruppo musicale ‘Assemblea Musicale Teatrale’. Ed
accompagnerò questa rievocazione con le fotografie del corteo genovese del 25
aprile che, invece delle consuete trecento, ha visto la presenza di tremila
persone, o meglio, di tremila ‘resistenti’.
ARIA DI LIBERTA'
Giampiero
Alloisio con Mario Ghiglione, il partigiano ARIA
E’ la vigilia del 25 aprile,
70° anniversario della Liberazione, e cinquecento genovesi si riuniscono al
Palazzo Ducale nella Sala del Maggior Consiglio dove Giampiero Alloisio, in
compagnia di Gianni Martini alla chitarra, suo storico compagno fin dai tempi
dell’Assemblea Musicale Teatrale, e di Claudio Andolfi alle percussioni, ha
allestito lo spettacolo “ARIA DI LIBERTA’” nell’ambito del X Festival Pop della
Resistenza.
Giampiero Alloisio, figlio e
nipote di partigiani, ha letto il libro ‘Aria di libertà’ –curato dallo storico
Federico Fornaro- e l’ha trasformato in spettacolo con la formula del
‘teatro-canzone’ (reso celebre da Giorgio Gaber), portandolo in particolare
nelle scuole per far comprendere alle nuove generazioni il valore delle scelte
fatte anche da loro coetanei in tempi bui e difficili.
Mario Ghiglione, infatti, nel
1944 ed a soli 15 anni, come staffetta partigiana sceglie per sé un nome
‘liberatorio’ come Aria e si unisce ai ribelli del Monte Tobbio, al confine fra
la Liguria e il Piemonte.
La formula-spettacolo
utilizzata da Alloisio, il teatro-canzone, è molto affabulatoria e coinvolge
tutti i presenti alternando riferimenti storici, aneddoti drammatici ma in
alcuni casi anche divertenti, poco o per niente conosciuti, e canzoni di varia
natura. Si va da pezzi scritti appositamente per lo spettacolo a canzoni del
proprio repertorio, da testi molto noti come ‘La Libertà’ di Gaber-Luporini
alla canzone ‘Lager’ scritta negli anni ’70 da Francesco Guccini per
l’Assemblea Musicale Teatrale.
Alloisio legge la
dichiarazione di guerra fatta da Mussolini il 10 giugno 1940, rievocando il
successivo dono degli anelli e dell’oro alla Patria fatto in buona fede da
centinaia di migliaia di persone comuni, ma anche da personalità come Pirandello,
che donò la sua medaglia del Premio Nobel. Per poi, subito dopo, citare il
ritrovamento a Pontedecimo nei pressi di Genova, nei saccheggi delle ville dei
gerarchi fascisti seguite alla caduta del fascismo il 25 luglio del 1943, di
una cassetta piena di fedi d’oro. Lo stesso avvenne in molte città d’Italia e
risultò così evidente che quei doni non erano andati alla Patria, bensì a
cinici mascalzoni in doppio petto.
Ed è ancora Mario, il
partigiano Aria, ad essere al centro della narrazione. Mario, che pur non
avendo alle spalle una famiglia con una formazione antifascista, compie
d’impeto la sua scelta di campo: sottrae ai tedeschi 35 kg di tritolo, 6 machine-pistol ed una grossa bandiera
rossa con una svastica bianca cucita al centro; cerca di liberare i prigionieri
del campo di prigionia di Cesino, sulle alture di Genova; quindi, approfittando
di un viaggio dei genitori fuori città, va sui monti in una cascina dove si
ritrovavano i ribelli e si unisce a loro.
Subito dopo risuonano le
parole: “Vorrei essere libero, libero come un uomo…”, e la superlativa chitarra
di Gianni Martini lancia le sue note sulle volte affrescate del salone quasi a
voler gareggiare con loro in maestria e bellezza. Alloisio appare
soddisfatto quando la sua voce viene superata da centinaia di altre nel
notissimo ritornello: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche
avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è
partecipazione.”
Ed è nuovamente Mario che
nella sua giovane incoscienza in cascina si mette a giocherellare con la
pistola di un partigiano russo che aveva appena finito di pulirla. La prende,
la agita in aria e finge di sparare a destra e a manca…quando un colpo gli
parte, attraversa la finestra e la pallottola va a conficcarsi 4 dita sopra la
testa di Don Berto, uno dei cappellani-partigiani più conosciuti e stimati della
Resistenza ligure. Che subito assegna la necessaria punizione: Mario farà il
chierichetto nelle funzioni religiose da lì in avanti!
La canzone successiva, Lager,
scritta da Francesco Guccini, è l’occasione per ricordare la figura di un
giornalista molto conosciuto a Genova, Raffaele Niri - Raffi per gli amici-
prematuramente scomparso solo pochi giorni fa. Alloisio rivela infatti che è
solo grazie a lui che ai tempi dell’Assemblea Musicale Teatrale entrarono in
contatto con Guccini rendendo possibili le diverse successive collaborazioni.
Tutti sono attenti e
partecipi, ed i passaggi successivi sono per Mario fra i più drammatici:
durante i combattimenti in montagna viene catturato insieme a Giovanni Villa detto
‘Pancho’ ed altri cinque partigiani. Ai sei viene imposto di mettersi da sé la
corda intorno al collo, ed è Pancho a sputare in faccia al soldato prima di
essere impiccato in quello che è ormai tristemente conosciuto come l’eccidio di
Olbicella. Aria viene pestato a sangue, fatto assistere all’impiccagione e
buttato in una camionetta, in tempo per vedere –aggiunge Alloisio con chiaro
riferimento ai tentativi di revisionismo storico- “…i ‘ragazzi di Salò’ che
infierivano con le baionette sui corpi ondeggianti.”
Da lì viene portato al carcere
di Silvano d’Orba, l’attuale castello, per poi riuscire a fuggire
rocambolescamente e partecipare, prima di rientrare a casa per il 1 maggio,
alla Liberazione di Alessandria il 28 aprile 1945.
Molte altre le canzoni
intercalate al racconto, da “La mia infanzia” di Jacques Brel tradotta dallo
stesso Alloisio a “Tanto pe’ canta” di Ettore Petrolini, dalla canzone
partigiana “Siamo i ribelli della montagna” a “Non c’è lavoro” sempre di
Alloisio.
Ma è un testo sempre di
Alloisio che, nel finale, lancia uno dei messaggi più importanti e ben
comprensibile da tutti i presenti: “Ogni vita è grande: basta raccontarla.”
Un magnifico inizio per questo
25 aprile, settant’anni dopo.
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