L’orto delle ricordanze
Le ‘ottave di Franco Talozzi’ rappresentano una narrazione autobiografica in versi di rara efficacia. Le prime due ‘introduttive’ condensano senza troppi fronzoli le non certo idilliache ‘origini contadine’ nella tenuta di Dolciano ed al contempo la realtà attuale dell’orto delle ricordanze che preserva il ricordo delle proprie radici.
Ma è nello spazio delle 25 ottave successive che compongono lo scritto che la dimensione soggettiva sempre presente non scade mai nella pura e semplice autoreferenzialità. Vi si rintracciano infatti le motivazioni che favoriscono la cura dell’orto all’acqua viola (1/2); la vicinanza con lo scultore Gianfranco Giorni , le vicissitudini travagliate connesse alla costruzione di un ‘brutto capannone’ nelle strette vicinanze e la piena condivisione della battaglia per contrastarlo (3/5); la bellezza dell’arte scultorea del Giorni e la tranquillità che pervade l’intero luogo dove ‘ogni cruccio o brutto pensier declina’ (6/8); considerazioni anche autocritiche sul consumismo dilagante, sulle violenze perpetrate nei confronti della natura e sui danni provocati da certa politica (9/15); la cura dell’orto che si intreccia con rimandi autobiografici connessi sia all’esperienza di amministratore sia ai ricordi ed agli affetti di una vita (16/23); per concludere con una lucida analisi sul fluire del mondo ed una pacata autoanalisi sulla propria scelta di vita attuale, senza rinunciare a prefigurare narrazioni future –‘ma di ciò parleremo un’altra volta’- e far balenare nuovi impegni (24/25).
Si tratta, quindi, di riflessioni scaturite da una proficua domenica d’agosto, che potranno essere gustate a fondo e rappresentare un ottimo cibo per la mente. Senza dimenticare che l’orto curato dal Talozzi nella tenuta del Giorni non produce solo insuperabili ‘ricordanze’ ma anche sublimi cocomeri e non solo, che con grande generosità e spirito di condivisione vengono consumati in allegria durante una festa memorabile che si ripete di anno in anno.
(Presentazione a cura di Giorgio Macario)
Franco Talozzi - domenica 4 agosto 2013
Di sangue contadino assai lontano,
la mia famiglia sotto il Gran Ducato, (1)
nella “Bella Tenuta” di Dolciano,
a mezzadria faceva il lavorato
a testa bassa e collo piegato:
le condizioni eran tanto meschine,
ecco le mie radici contadine.
L’orto lo chiamo “Delle Ricordanze”
per non obliare mai le mie radici,
in Val di Chiana e nelle vicinanze
dove io nacqui ed ebbi tanti amici;
di quei tempi mi parlano l’usanze,
quando non c’erano le falciatrici:
e con fatica allor si lavorava,
poco ma e genuino si mangiava.
1- “Già discendendo l’arco d’i miei anni”
assai deluso da tanto progresso,
per evitar problemi e molti affanni
a coltivare l’orto mi son messo
in questo luogo che più di mill’anni (2)
girò la pietra con l’acqua del fosso
presso la casa di Gianfranco Giorni,
che se ci vieni sempre ci ritorni.
2- Alla mattina quando sorge il sole
danzano scintillii di colori,
scendon dal pioppo brusio di parole,
lungo il Tevere un velo di vapori,
il canto del cuculo par che duole
e gli uccelletti qui fanno l’amore:
il verdeggiar dell’orto mi consola,
mi sento tanto bene “all’acquaviola”.(3)
3- Gian Franco, uomo dotto e preparato,
l’arte della scultura fa il suo vanto;
tien sempre il prato verde e ben rasato,
alla forma e bellezza tiene tanto;
intorno a lui vorrebbe che il creato
si sublimasse in forma d’un santo:
ma gli imbecilli che lui non ama
gli hanno tappato tutto il panorama!
4- Di giorno in giorno lui s’incupa e cruccia,
vedendo il bello in brutto tramutare,
tante amarezze sul cuore ammucchia
che il pensiero non può accettare;
quel brutto capannone è una macchia
che la sua mente non può cancellare:
a tal simili scempi non si perdona,
di ciò tant’ore assieme si ragiona.
5- Il salice fa ombra, ed il suo viso
una lama di luce lo rischiara,
parla con proprietà ed è deciso
alla battaglia che bene prepara;
molti siamo dello stesso avviso,
per la difesa d’una cosa rara:
che ogn’uno ormai più spesso sente
di tutelare, salute, terra, ambiente.
6- Così adombrato da mattina a sera,
trova la pace nel laboratorio;
modella ad arte i bronzi con la cera
e alla fine esce fuori il tesoro,
bollente e rosso dentro la zuppiera,
con scoppiettanti fuochi color d’oro:
poi , l’impurità con arte sfronda
ed ecco! Una bellissima colomba!
7- A l’acqua Viola sorride ogni cosa
dal prato a l’orto al cielo a la collina
quando ci sei la mente si riposa
ogni cruccio o brutto pensier declina;
il merlo sulla querce si posa
e l’usignolo canta sulla cima:
Lante, la cagna con me ragiona
intelligente più d’una persona!
8- Ore belle passiamo in compagnia,
approfondendo temi con ragione,
Franco modella vergine Maria
e l’angel bello dell’annunciazione
indica a dito la celeste via
per dare a tutti noi la redenzione:
e nell’amenità della mattina
tolgo l’erbacce e do una zappatina!
9- In questo mondo tanto tribolato,
di giorno in giorno il bene s’allontana
dentro di noi abbiam dimenticato
del giusto viver la vita nostrana:
ciò che un tempo ci venne insegnato,
che l’onestà non fosse cosa vana:
col consumismo tutto, tutto piace
ma non sappiamo più cos’è la pace!
10- Forse saranno gli anni o l’esperienza
d’una vita vissuta tra le genti,
perché mi morde dentro la coscienza
nel constatare certi avvenimenti
privi d’umanità e d’intelligenza,
come se fosser morti i sentimenti:
penso, che sia stata una sciagura
avere bistrattato la natura!
11- Come posso esprimer le meraviglie
del sol che sorge dal monte di dietro?
Miriadi di colori con scintille
se lo sguardo rivolgo allo “Sterpeto”;
sulla collina dormon tante ville
che resero al romano il tempo lieto: (4)
intanto annaffio e zappo, il raggio in viso
com’Angelo mi sento in Paradiso.
12- Poi, se ripenso a tanto rumore…
quando credevo di cambiar le genti (5)
quell’esperienza d’amministratore
ha smosso dentro me mille correnti;
la cultura doveva esser il motore
per arricchire i nostri sentimenti:
ma col pensier d’abbatter la miseria
prodotto abbiamo solo la materia!
13- Mercati, ristoranti e snak bar
fabbriche,capannoni e discoteche,
in massa tutti quanti a recitar
il consumismo come talpeceche,(6)
ogni donna vuol esser ‘na star
il giovan all’orecchio le “greche”:
questo è il costume ed il modo d’agire
non conta il vero, conta l’apparire.
14- L’esempio di ‘sto mondo scellerato
ce l’hanno dato quelli del “Palazzo”
invece d’educar hanno insegnato
ad arricchirsi e viver nel sollazzo;
il gretto e prepotente è premiato
a l’educato e giusto lo strapazzo:
immiseriti son tutti i mestieri
dai portaborse, ladri e faccendieri.
15- Tutti agghindati da l’omologazione
perdemmo il vero e la genuinità,
l’idolo sommo , la televisione
e ben sublimati di pubblicità;
cessò il cervello d’ogni paragone
e non sapemmo più la realtà:
oddio! L’acqua mi sta procurando un guaio,
ha inondato tutto lo zuccaio.
16- Or son molt’anni che mi ribellai (7)
ai soprusi e all’imposizioni,
così m’accorsi e poi ne costatai
che i bei discorsi eran pie illusioni;
da quell’esperienza cominciai
con l’occhio e veder altre visioni:
finito il tempo era della riscossa
e non cantammo più “Bandiera Rossa”.
17- Ventisei giugno di primo mattino
zappo l’erbacce nel mezzo dell’orto
oh! Meraviglia c’è un cocomerino
che fra i tralci se ne sta nascosto,
lo muove il vento e fa capolino
fra foglie e fiori, che faranno presto:
e nasceranno tondi con vigore
per sprigionar dentro il suo rossore.
18- Quest’anno è andata male la stagione,
le nubi hanno pianto in quantità,
procurando alla terra una cagione
ma la natura sa quello che fa
e sono certo che la vegetazione,
darà i suoi frutti maturi a sazietà:
solo l’umano provoca tanti guai
ma la natura non tradisce mai!
19- Mi siedo e poggio il mento nella mano
ed estasiato osservo l’orto in fiore,
poi col pensier vado un po’ lontano
a tante cose fatte con amore;
rivedo i volti amici piano, piano
ripenso al Premio e al suo valore (8)
quando ad Anghiari la fucina d’arte
cultura propagava da ogni parte.
20- A questo mondo tutto s’interrompe
come scrisse Francesco, l’aretino,
son tutte vane cose, nostre pompe
che affrettano sempre più il declino;
ma quando l’uomo l’equilibro rompe,
cose nefaste porta al suo cammino:
bisogna sempre guardare alle stelle
per costruire e fare cose belle!
21- Si può gioire per un filo d’erba,
stupirsi al luccicar della rugiada,
fare il bambino con ‘na mela acerba,
camminar scalzi nella bianca strada;
tante emozioni l’orto mi riserba
che ogni lavoro sempre più m’aggrada:
ci vuole poco per esser contenti
e dare pace ai nostri sentimenti.
22- Annaffio, zappo e la schiena reclino,
respiro odore di fieno falciato,
rivedono i miei occhi lo zi’ Gino (9)
che coglie i pomodori inginocchiato
e i dispetti di quel ragazzino…
che rallegrava tutto il caseggiato:
non stava fermo mai un istante
s’arrampicava sempre sulle piante.
23- M’assale allora una malinconia
e la mia mente vaga nel passato,
la giovinezza fu tutta armonia
quando con Anna ero fidanzato;
di quegl’anni sento la nostalgia,
tutto ho presente, non dimenticato:
di ricordar quel tempo mai mi stanco
e di quei baci al “Cavallino Bianco”! (10)
24- Ogni cosa oggi fugge come lampo,
rimane poco tempo per pensare,
tutti siam fatti con l’unico stampo,
e ci moviamo come onda di mare.
Ho scelto questa vita fin che campo,
vivo felice col mio lavorare:
m’accontento del poco e genuino
e non mi cruccio se non ho quattrino.
25- Ho fatto tardi e il mio tempo vola,
devo far fronte agli impegni presi;
Gian Franco parlerà “dell’acqua viola”
e i progetti dei Camaldolesi,
che con gran lavorio di carriola,
resero campi ampi e ben difesi:
dopo d’aver per bene l’acqua tolta,
ma di ciò parleremo un’altra volta.
Note al testo.
1-Dolciano: comune di Chiusi (SI) una delle 13 fattorie Granducali.
2-L’acqua del fosso: la “reglia dei mulini” dove si macinavano le granaglie con la mola di pietra.
3-Acquaviola: la “Reglia dei mulini” chiamata così forse per il colore del guado che veniva messo a macerare, o come pensa Gianfranco Giorni, da attribuirsi al nome di una Dea dimorante presso le sorgenti del Tevere.
4-“Sterpeto”:sulla collina d’Anghiari sono ancora evidenti tracce di antiche ville di nobili romani.
5-Cambiar le genti: mi riferisco al mio impegno politico-amministrativo.
6-Talpeceche: mammiferi appartenenti alla famiglia dei Talpidi.
7-Che mi ribellai: alludo allo strappo avvenuto nel 1988-89, con i dirigenti del PCI di Arezzo, per il progetto turistico di Albiano.
8-Premio e al suo valore: “Premio Internazionale di Cultura”promosso da Comune di Anghiari dal 1978 al 1992.
9- Lo zi’ Gino: il mio zio che faceva l’ortolano per la fattoria di Dolciano.
10-Cavallino Bianco: nome del cinema a Chiusi Stazione dove negli anni 1953-1954 andavo con la mia fidanzata Anna Maria, ora mia moglie.
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