L’incredibile
storia di Luigi Barile e delle ‘sue’ grappe
Luigi Barile non è un semplice
commercialista, non foss’altro perché per molti anni, complice la grande
amicizia con Don Andrea Gallo, si è occupato di tutti gli aspetti fiscali
riguardanti la Comunità di San Benedetto al Porto, che proprio oggi -8 dicembre
2014- festeggia il suo 44° compleanno alla Chiamata del Porto di Genova.
Luigi Barile, detto ‘Gino’, è
un giovane ottantaduenne che pochi giorni fa a Genova, presso il Museo del
Mare, ha voluto festeggiare il suo compleanno offrendo a tutta la città la
visione di un documentario sulla sua vita intensa, appositamente realizzato
dalla regista Wilma Massucco ed intitolato “CHI L’AVREBBE MAI DETTO. Storia di
Luigi Barile (Gino per gli amici)”.
Introducono il documentario,
con poche parole che ne tratteggiano le diverse specificità, sia un docente di
storia moderna dell’Università di Genova, Ferdinando Fasce, che il dott. Flavio
Gaggero, una figura ‘mitica’ nell’ambiente genovese, illustre dentista
indifferentemente di VIP nazionali e di persone modeste che non possono
permettersi di pagarlo.
Ma è lo stesso ‘Gino’ a
riassumere con grande efficacia il suo percorso autobiografico, e le sue parole
si intrecciano con le successive immagini del documentario.
A sei anni il padre abbandona
sia lui che la madre e la sua fame di sapere nasce proprio da qui, abbinata ad
una estrema ristrettezza dei più semplici mezzi di sussistenza. Ed è proprio in
questo periodo che riceve un grande aiuto dalla mamma di Don Andrea Gallo, che
era una Dama di San Vincenzo.
Praticamente solo, all’età di
8-9 anni è costretto ad abbandonare la scuola dopo la 3° elementare ed a
cominciare ad impegnarsi in un numero impressionante di lavoretti ed
occupazioni utili a sbarcare il lunario.
Ma non demorde, e fra un
lavoro e l’altro in un solo anno supera 1°, 2°, 3°media e 1°, 2°, 3° ragioneria
portando ben 17 materie all’esame. Certo per una tale impresa cerca sostegno
presso un paio di persone che lo aiutano, ma in particolare, visto che ha la
macchina e guida abitualmente proprio per il lavoro di rappresentante che fa,
contatta un professore e lo accompagna tutti i giorni nel tragitto casa-scuola
concordando come compenso…sintetiche lezioni utili ad una veloce acculturazione.
Certo il tragitto tendeva un po’ ad allungarsi, commisurandosi alla ‘fame di
sapere’, ma il professore era cortese e faceva finta di non accorgersene.
A Don Gallo è fraternamente
affezionato e condivide con lui tutte le posizioni sul Concilio Vaticano II e
sul primato della coscienza, così caro al Don. L’8 dicembre 1970 supporta la
nascita della Comunità di San Benedetto e, una decina di anni più tardi, in particolare del ristorante A' Lanterna. Certo non è semplice fare l’amministratore di un
locale dove il 1° gestore scappa con la cassa più di una volta. Così come non è
stato agevole far fronte, nei primi tempi, alle continue visite della Finanza
che ‘bersagliava’ la Comunità ipotizzando chissà quali coperture, data la
costante presenza di tossicodipendenti. “Ma Don Gallo era sempre pronto a
perdonare e a ridare fiducia a chiunque avesse momenti di debolezza. Era questa
la sua grande forza”, dice Gino con gli occhi che gli brillano.
Durante i molti passaggi
lavorativi, alla fine degli anni ’50 Gino conosce ai cantieri navali
dell’Ansaldo l’amico Nino Bormida, ed è di fronte ai bicchieri di latte
distribuiti al bar aziendale per contrastare i fumi delle vernici che i due
amici, parlando del futuro e rievocando le audaci ideazioni di Leonardo Da
Vinci, si ripromettono di distillare, un giorno, una grappa di qualità.
Passeranno molti anni, quasi
venti, e il ragioniere Luigi Barile nel frattempo diventerà commercialista,
aprirà lo ‘Studio Barile’, ma deciderà anche di realizzare un suo vecchio
sogno: quando il suo cliente distillatore ‘Cianela’ Lasagna è costretto a
chiudere la sua distilleria a Silvano d’Orba, chiama il suo vecchio amico Nino
per rilevare insieme l’attività. Lo guida un desiderio ed una motivazione
ideale, non certo economica.
Compra botti di rovere usate
da produttori di whisky scozzese, cura meticolosamente tutto il ciclo
produttivo, utilizza vinacce da agricoltura biodinamica e riesce a produrre una
grappa unica “che piace anche alle donne” proprio per la sua morbidezza. Luigi
Veronelli, nel 2002, la proietterà nel gotha dei distillati internazionali
definendola ‘la più buona grappa prodotta in Italia’. Ma sarà anche premiata
dalla prestigiosa giuria del premio Wine and Spirit e sarà utilizzata per ben
due volte come presente ai Grandi della Terra, sia in Canada che in Italia in
occasione dei rispettivi Summit internazionali, e si potrebbe continuare a
lungo decantando i risultati raggiunti.
Ma a conferma della
multiformità dei suoi interessi e del costante impegno civile che lo
contraddistingue, nel poco tempo rimasto Luigi Barile preferisce accennare alle
assemblee della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, dove, difendendo i
piccoli azionisti della Banca, denunciò con 7 anni di anticipo –nel 2007- le
mille ruberie di cui i vertici della stessa banca stanno rispondendo proprio in
questi mesi. Osservando mestamente: “In quegli anni i giornalisti della stampa
facevano i portavoce, non davano certo notizie così scomode.”
Ed è a questo punto che in
sala si spengono le luci e parte il documentario, che, pur pregevole, farà solo
da cornice alle ultime parole di Gino che parlando della amatissima moglie Nuccia dice: “E’ lei che è stata capace di
sintetizzare al meglio il mio impegno in distilleria, dicendo un giorno ad un
giornalista: <Sa, non so se posso dirlo, ma sono convinta che mio marito
sussurri agli alambicchi>”.
Nessun commento:
Posta un commento