Forse era fuori
della scuola perché appena arrivato in compagnia del cugino.
Oppure era solo in
leggero ritardo e si apprestava ad entrare.
O ancora era stato
lasciato fuori dalla scuola dal suo insegnante, proprio perché arrivato in
ritardo.
Forse ha visto
quella persona con la divisa della scuola e gli si è avvicinato.
Oppure questo
sconosciuto si è avvicinato a lui e gli ha chiesto qualcosa.
O ancora, vedendo lo
sconosciuto procedere maldestramente si è insospettito.
Forse ha visto quei
fili che penzolavano dalla giacca e voleva capire cosa fossero.
Oppure, avendo già
compreso, gli ha tirato una pietra per poi inseguirlo.
O ancora, visto che
si allontanava per entrare nel cortile della scuola, gli si è buttato addosso
per impedirgli di procedere oltre.
Le versioni
difficilmente combaciano ed i particolari tendono ad infittirsi quanto più la
notizia si estende dalla piccola città di Ibrahimzai – distretto di Hangu nel
nord-ovest del Pakistan all’intero Stato fino a varcare i confini del
continente asiatico e diventare un avvenimento globale.
Quel che è certo è
che Aitzan Hasan, studente quindicenne pakistano, lunedì 6 gennaio 2014 ha
affrontato un attentatore suicida imbottito di esplosivo, ed è morto poco dopo
la devastante esplosione. Probabilmente ha salvato la vita di molte decine di
suoi compagni radunati nel cortile della scuola per cantare, come ogni mattina,
l’inno nazionale.
La sua vita,
interrotta così tragicamente, può avere ancora un senso nell’indignazione dei
suoi concittadini, nella rabbia dei suoi connazionali e nel ricordo che ciascuno nel mondo vorrà concedergli.
Se ci fosse un po’
di giustizia a questo mondo, il gruppo
radicale islamico Lashkar-e-Jhanvi che aspira ad uno stato Sunnita in un’area a
maggioranza Sciita e che ha prontamente rivendicato l’azione, dovrebbe essere
perseguito e messo nell’impossibilità di nuocere ulteriormente.
D’altra parte se
l’attentato fosse riuscito nel suo scopo principale, vista la frequenza degli
atti terroristici in questa terra martoriata, probabilmente la notizia non
avrebbe varcato i confini dello Stato o sarebbe stata comunque relegata nella
tragica contabilità degli eccidi.
Così non è stato. E
come nel caso dell’attentato a Malala Yousafzai, cui l’azione è stata subito
associata da tutti i media internazionali, quello che colpisce è il tentativo
di impedire la crescita del sapere, ostacolare lo sviluppo di maggiori
conoscenze, neutralizzare il potere dell’istruzione. Haitzaz Hasan con il suo
gesto ha comunque inteso difendere la sua scuola, la sua cultura, il suo
futuro.
C’è solo da
augurarsi che lo sdegno che questo ennesimo sacrificio di un giovane ha
suscitato nel mondo intero possa trasformarsi in una presa di coscienza
collettiva per difendere, ovunque e
anche nel nome di Aitzaz, il diritto all’istruzione per i giovani.
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