venerdì 29 agosto 2014

APERITIVI CON LE STORIE - STORIE DI LIFELONG LEARNING

Festival dell'Autobiografia di Anghiari 

Venerdì 12 settembre alle ore 18 presso il Caffè Garibaldi  introdurrò 
l'aperitivo con le storie sul tema 'Storie di LifeLong Learning'.

Le due schede che seguono, riferite rispettivamente all'introduzione ed alla prefazione dei due volumi citati, consentono un primo avvicinamento alle tematiche in questione. 

Laura Balbo (a cura di), Imparare sbagliare vivere - Storie di lefelong learning, Franco Angeli, Milano, 2013.


Dall’Introduzione di Laura Balbo. (G.M.)

"Il lifelong learning –una categoria concettuale da tempo al centro di importanti studi- ha cambiato la prospettiva dalla quale guardiamo all’imparare e anche al nostro vivere.
Non vanno più bene parole come insegnamento; formazione; neppure scuola, forse. (…)
Tutti, andando avanti nel vivere, continuiamo a imparare. (…)
Su come si formino le conoscenze e i saperi si è molto riflettuto: sono temi al centro degli studi di diverse discipline: in particolare la sociologia, la psicologia, le scienze della formazione, le scienze  della comunicazione e ai processi e ai soggetti dei social media. Alle narrazioni autobiografiche. (…)

Il lifelong learning mette al centro la dimensione del processo: nel corso della vita, cambiano le modalità, i passaggi, le occasioni. (…)
Qui alcune chiavi di lettura che riprendo da diversi contributi: stimolanti, molto utili.
Tahar Ben Jeullon: “Si cerca, si improvvisa, si sperimenta”. Edgar Morin: Siamo sollecitati ad “aprirci all’occasione”. (…)
Attila Bruni e Silvia Gherardi: “Lavorare è conoscere, e non semplicemente applicare conoscenze acquisite…lavorando si generano conoscenze”. (…)

Il progetto di questo libro si è avviato quasi per caso.
Leggere il lifelong learning raccogliendo le voci di un gruppo di persone che avevano condiviso, molti anni addietro, un’esperienza comune di apprendimento (…) un progetto leggero (…) O potremmo dirlo così: un progetto friendly.
Riandare a un’occasione di incontri, collaborazioni, e amicizie, negli anni settanta e ottanta, nel contesto dell’università di Milano: il Griff, un gruppo di (giovani, allora) donne che hanno vissuto in quella fase di cambiamenti nel contesto sociale e politico, e nella definizione di sé – un’esperienza importante.
La proposta di una comune riflessione: ricostruire i percorsi, i ricordi; narrazioni, rielaborazioni. Legami da riallacciare. (…)
Comuni erano la consapevolezza e l’impegno politico, e la presenza in molte diverse attività, nel ‘sociale’: esperienze e scelte via via ripensate, messe in discussione, ridefinite.
Fondamentali, certo, i dati della vita quotidiana. Eravamo le donne della doppia presenza: così si è detto allora. (…)
Lo dico così: dati e analisi del viverlo, il lifelong learning. Questo raccoglie e propone il libro. Le risorse e le sfide, nei successivi passaggi. (…)
Questo libro, un “luogo di transito” (un’espressione suggerita da Michel de Certeau, che mi sembra la più appropriata). (…)
E però un libro (Riccardo Luna, Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori, Laterza, 2013) che ci fa incontrare molti contributi del dibattito internazionale, sollecita una prospettiva del tutto “altra”. (…) Dunque, un lifelong learning ancora diverso da come lo pensiamo qui? Si ricomincia?"

(Pubblicata anche in: http://www.lua.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3571&Itemid=193 )

Federico Batini, Drop-out, Fuori/onda, Lavis (TN), 2014.


Ma, studiavo poco, a parte matematica che
non capivo, per il resto, non avevo voglia
e non ero motivato, sentivo che perdevo
tempo, era una sensazione…non so spiegarla,
ma poi dopo tutte quelle ore a sentire
i professori che ti parlano di cose, spiegano, spiegano
e ti chiedi, adesso che mi hai spiegato Leopardi
che cosa mi cambia nella vita, torno a casa
e te lo devo pure studiare? Quando vado a lavorare
sicuramente mi chiederanno al colloquio:
lo sa dov’è nato Leopardi? Quando?
Lei è un pessimista cosmico? (Ride)

(F, maschio, 18 anni)


Dalla Prefazione di Roberto Trinchero. (G.M.)

"Perché ascoltare i drop out? Questa la domanda da cui parte il testo di Federico Batini, che si pone un obiettivo ambizioso: descrivere l’abbandono scolastico non dalla prospettiva degli adulti, ma da quella dei ragazzi che hanno fallito un percorso scolastico.
Raccontare la Storia della prospettiva degli ‘ultimi’ è stato l’obiettivo di scrittori quali Manzoni (gli ‘umili’), Verga (i ‘vinti’), Silone (i ‘cafoni’), che ci hanno insegnato a vedere gli avvenimenti da un’angolazione differente, per coglierne aspetti che mai la storiografia ufficiale avrebbe preso in considerazione.
Allo stesso modo, per poter cogliere il senso dell’esperienza scolastica dei ragazzi che abbandonano gli studi, occorre necessariamente far emergere le ‘buone ragioni’ (e sono tante) che li hanno indotti ad allontanarsi da tale esperienza, considerata spesso poco importante, lontana dalla realtà quotidiana, avulsa dalle loro vite, fatta di miti e riti che per loro non hanno alcun senso.
Nei racconti di questi ragazzi è facile scorgere una richiesta di contatto: sono stati i ragazzi ad abbandonare la scuola o è la scuola che li ha abbandonati a loro stessi? Sono stati loro a non ascoltare gli insegnanti o sono stati gli insegnanti a non cercare di ascoltarli, capirli, stimolarli? Sono stati i ragazzi  a non imparare dagli adulti o sono stati gli adulti a credere di non avere qualcosa da imparare da loro?
Prima di formare, valutare, giudicare, è importante ascoltare, capire cosa hanno da dirci questi ragazzi e cosa ci possono insegnare, al fine di non ripetere in futuro errori già commessi. Come hanno scelto la scuola secondaria di secondo grado? Chi li ha aiutati e chi li ha condizionati in tale scelta? Quale rappresentazione hanno (o non hanno) della loro vita futura e di se stessi? Come hanno costruito questa rappresentazione? Come è possibile promuovere una scelta consapevole? Questi sono gli interrogativi su cui i ragazzi, in quanto ‘esperti del loro mondo’, hanno molto da insegnare agli adulti, a patto che gli adulti siano davvero disposti ad imparare. (…)
La scuola non ha più il monopolio dell’informazione e dei modi di apprendere. Proprio per questo dovrebbe dare ‘qualcosa in più’ della semplice ‘trasmissione’ di conoscenze e abilità. Prima ancora di cercare di ‘insegnare’ dovrebbe costruire nei ragazzi le condizioni per apprendere: spiegare a cosa serve ciò che viene trattato a scuola, aiutare a leggere la realtà e le realtà, fornire strumenti per avere un impatto immediatamente visibile sul proprio mondo, mettere in grado di riflettere sulle proprie interpretazioni e azioni. (…)
Non c’è niente di più iniquo che ‘dare’ in modo uguale a diseguali, si potrebbe dire parafrasando Don Milani, e ancor oggi gli allievi non sono tutti uguali. I ragazzi che hanno capacità di comprensione, di analisi e di riflessione più sviluppate, che possono accedere ai testi cartacei e alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che hanno famiglie in grado di supportarli e seguirli nel processo d apprendimento, che vivono in ambienti culturalmente stimolanti, possono apprendere da soli, nonostante siano vincolati a passare il loro tempo a scuola. I ragazzi che non hanno la fortuna di disporre d queste condizioni, no. (…)
Chiunque abbia lavorato in ambiti educativi sa che qualunque persona messa nelle condizioni opportune può raggiungere obiettivi impensabili. (…)
…prima di agire è necessario capire e per capire bisogna conoscere e comprendere. Questo è impossibile senza ascoltare, mettendo da parte non solo ‘l’ansia del trasmettere’, ma anche i pregiudizi, la superficialità, le tentazioni di giungere a facili conclusioni.
Proprio per questo il presente testo costituisce un punto di partenza importante per poter progettare interventi realmente efficaci per prevenire l’abbandono scolastico e non solo per affrontarlo quando ormai è accaduto."

(Pubblicata anche in: http://www.lua.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3570&Itemid=193 )


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