venerdì 9 febbraio 2018

VOLONTARI DELLA LIBERTA' - Guerra di Liberazione

VOLONTARI DELLA LIBERTA'

(In 'Guerra di Liberazione', Edito a cura del Ministero dell'Italia occupata - gennaio 1945)


di Concetto Marchesi

"Avevano entrambi annodato sulle spalle il fazzoletto rosso delle Brigate Garibaldine: e dal loro discorrere insieme traspariva una intimità di amicizia: l'uno, nativo dell'Umbria, ufficiale di artiglieria, uscito dall'Accademia di Torino e passato dopo l'8 settembre ai comunisti; l'altro un veneziano laureato in filosofia, cresciuto nella più limpida fede cattolica. Quest'ultimo parlava a frasi lente e staccate, mentre l'altro guardava in fondo alla valle che si apriva verso gli ultimi bagliori del tramonto. Diceva: "No, tu non dovresti esporti senza necessità". "Perché?". "Altre volte ho detto perché: tu sei il più degno di ricevere la grazia, di lassù, e non l'hai ancora...". "Ma morire come si muore noi è già ricevere la grazia". Essi sorrisero entrambi, come sa sorridere la giovinezza eroica quando ha vicina la morte.

Così, in un colloquio di un minuto, si può annullare dentro una luce di anime giovanili tutta una lunga tenebra di servitù e di barbarie. E ne ho visti partire per l'azione, forti e sereni, senza braverie e senza pallori; e ritornare ora in letizia con la preda opima dell'assalto audace, ora contenuti e severi con il funebre caro peso di un compagno caduto, ora a gruppi sparsi e affaticati di combattenti che avevano dovuto sostenere una troppo disuguale battaglia e portavano nelle vesti e nel corpo tracce dell'urto lacerante, ma negli occhi l'anelito della ripresa.

E anche oggi, così. Fra loro nessuna voce si leva che chieda beffarda o angosciosa per chi si debba combattere. Questa voce non si ascolta fra le file dei partigiani e dei soldati che stanno di contro al tedesco e al fascista; non si ascolta neppure nelle terre di esilio dove una gioventù esasperata dalla lunga attesa chiede di ripassare in armi i valichi della Patria. Questa voce si ascolta talora laddove la bestia immonda è passata e ha lasciato le sue tracce di devastazione, lungo le strade per cui altri eserciti sono giunti da altri paesi a proseguire una guerra in cui l'Italia non può essere assente, se vuole vivere ancora. Perché si deve combattere? Se altre ragioni non ci fossero basterebbe una sola: per gettarci addosso a coloro che ci hanno gettato nel baratro della perdizione; per compiere la vendetta degli innumerevoli morti e di queste turbe di viventi su cui scende l'oltraggio di una sdegnosa compassione o il peso di una orgogliosa condanna.  Ma non per questo sono corsi a strappare le armi al nemico i partigiani d'Italia; non per questo sono partiti e partono per il fronte di battaglia i soldati d'Italia, per lo sfogo di una collera o il bisogno di una disperata protesta. Per l'Italia essi combattono, e per il popolo italiano: per questi due immensi premi da conquistare. Non ad una riparazione, ma ad una conquista essi sono andati; non al vincitore né all'Italia che ci sta sotto gli occhi essi continuano ad offrire il tributo di sangue, ma a quell'altra Italia che rinascerà dalle presenti rovine, a quell'altro popolo che sta sorgendo dalle schiere di quanti combattono e combatteranno contro i nemici di ieri, di oggi, di domani.

Giovani d'Italia, la battaglia decisiva è impegnata. Non indagate le ragioni, non chiedete i compensi, non ascoltate le torbide voci maligne di un rammarico insensato. Chi non risponde oggi al supremo appello delle armi ha tradito tutte le cose sacre della vita. Considerate soltanto il nemico che vi sta dinnanzi, nel suo smisurato maleficio. Ogni guerra veramente liberatrice bisogna viverla  come una esigenza del proprio essere che in un momento della storia irrompe e si dilata nella vita collettiva. In questi momenti l'eternità si fa tempo e la universalità si fa Patria.

Studenti, operai, contadini, alle armi! I partigiani del settentrione tendono le braccia non ai fratelli liberati, ma ai fratelli liberatori.

Per la prima volta nella storia d'Italia si può dire: "Qui oggi per tutti si combatte". "

(RIQUADRO 1: "Nella lotta antiribelli le squadre non fanno prigionieri" - Mussolini)
(RIQUADRO 2: "PERICOLO! ZONA INFESTATA DAI RIBELLI")
(Didascalia Foto 1 - Coro di partigiani schierati sulla piazza di una città liberata)
(Didascalia Foto 2 - Partigiani feriti della 'Arno' - dimessi dall'ospedale - convengono a una manifestazione patriottica.) (@GM)






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