domenica 22 ottobre 2017

ROBINSON - UN VIAGGIO NEI MEANDRI DEL SILENZIO

ROBINSON - UN VIAGGIO NEI MEANDRI DEL SILENZIO
                                                                     
                                                  di Giorgio Macario


‘Preferisco il silenzio’ è il titolo dell’inserto ROBINSON del quotidiano La Repubblica del 22 ottobre 2017. Nel (relativo) silenzio di una domenica mattina, giornata (a volte) dedicata al riposo, ho cercato di viaggiare nei meandri delle citazioni silenziose degli autori, alla ricerca di un percorso almeno in parte (e necessariamente) autobiografico, perlomeno nella scelta delle sottolineature maggiormente sintoniche con una attualità stretta fra i timori per la deflagrazione europea dell’indipendentismo catalano e la recrudescenza dell’egoismo respingente di una crescente maggioranza rumorosa.

"Prima ancora di metterci in ascolto dobbiamo saper fare silenzio dentro di noi.
Solo da questo silenzio può nascere l’ascolto, l’apertura all’altro” – Simone Weil (1909-1943)
(Da ‘Le frasi’ di Anastasia Martino)

Il silenzio ha un prezzo.
“(Il silenzio) è diventato un bene molto richiesto e sempre più prezioso. Un investimento che non tutti si possono permettere, dalle case alle auto fino agli orologi. Lo spiega l’autore di un saggio che esce ora in Italia (John Biguenet, Elogio del silenzio, Il Saggiatore, 2017).”
“...benchè non ne possediamo alcuna esperienza diretta, l’utilità del silenzio come concetto è per noi inesauribile, e in un mondo assordante il suo valore cresce in maniera vertiginosa. (...) La diffusione del rumore è stata così pervasiva che gli esseri umani faticano a mantenere anche la minima parvenza di quiete. (...) E allora perchè cerchiamo il silenzio, se inseguirlo è vano? Forse perchè non comprendiamo appieno che cosa stiamo inseguendo. (...) Davvero desideriamo il silenzio, o non è piuttosto la solitudine che vogliamo, un isolamento in cui stare soli a leggere, ascoltare musica, lasciarci assorbire da noi stessi senza l’elemento di disturbo degli altri? Alla fin fine, forse non è dal rumore che tentiamo di scappare, quando ci diciamo che vorremmo un po’ di silenzio.” (John Biguenet)

Michael Collins, il vero protagonista silenzioso dello sbarco sulla Luna.
“Allora, mentre tutto il mondo stava con gli occhi a guardare i due (Armstrong e Aldrin) poggiare i piedi sulla Luna, Michael se ne andò. (...)si inoltrò verso il lato oscuro della Luna. (...) Collins, in quel momento, divenne così remoto da tutti: l’unico uomo dell’intero sistema solare a essere separato da ogni cosa. (...) Solo lui, da lì, per quarantasette minuti, entrò in quel rovescio di universo, in quel vertiginoso silenzio. Nè Aldrin nè Armstrong poterono mai provare quel che lui provò quando si inoltrò in quell’assoluto silenzio universale.” (Federico Pace)

I monasteri del silenzio.
“Il silenzio non si può insegnare. Al massimo lo si può apprendere quando, sorprendendoci, viene incontro. E i monasteri, da secoli, sono luoghi dove lo si può trovare ma non ci si aspetti che lì il silenzio sia qualcosa di maestoso, di imperativo e di solenne. (...) Il silenzio dei monasteri è un’altra cosa. E’ frutto di un npaziente compromesso; è una fragile tessitura dove i fili dell’attenzione si intrecciano fra il dentro e il fuori di sè, viaggiano fra l’irriducibile singolarità di ciascuno e la composita variegazione di una comunità nella quale, sette volte al giorno, si intona l’accettazione della perfetta polifonia dei destini.” (Giorgio Boatti)

Alla ricerca del silenzio assoluto si incontra il suono del cuore, delle giunture, dei polmoni.
“Il silenzio è un miraggio. Non solo per chi vive in città tra traffico, lavori stradali, smartphone, condomini molesti e che può sperare in sollievi minimi (...) Che il silenzio sia un fantasma irragiungibile lo si capisce entrando in uno dei posti più silenziosi del pianeta. La camera anecoica degli Orfield Labs di Minneapolis (c’è una stanza simile in Italia, a Ferrara) (...) Dopo poco l’udito si abitua e inizia a diventare più sensibile. (...) Per esempio dopo un quarto d’ora dall’ingresso udirai i battiti del tuo cuore, e dopo mezz’ora – se muovi le braccia- il suono delle tue giunture. Dopo quarantacinque minuti riesci a sentire i tuoi polmoni.( Steve Orfield, fondatore dei Labs). Se il silenzio artificiale inquieta, quello naturale, gentilmente violato dal vento tra le foglie e dagli uccelli, può curare: Yoshifumi Miyazaki, docente di scienze ambientali della Chiba University, ha portato impegati di mezza età giapponesi, logorati dal caos urbano, a passeggiare per due giorni nella foresta e ha misurato un aumento temporaneo del 56 per cento nell’attività anticancro del sistema immunitario.” (...) Ecco perchè la perfetta assenza di rumori è, per i viventi, un miraggio: quando c’è, non ci siamo noi. E viceversa. Lo prova la camera anecoica, chiosa Orfield. Immerso nel più profondo silenzio, sei tu a diventare suono.” (Giuliano Aluffi)

Il silenzio e la parola in una prospettiva storica.
“...il silenzio ha cominciato a esistere quando è nata la parola. Ce lo suggerisce l’etimologia: silenzio deriverebbe dalla radice hsh, da intendersi innanzi tutto come il tacere dell’uomo, anzi di più, il comando di tacere, che ancora oggi impartiamo con un suono inarticolato -shh- non così diverso dall’antica radice. (...) La maggior parte degli studiosi  oggi ritiene che il linguaggio non si sia evoluto dalle vocalizzazioni, ma dai gesti. (...) la prima parola è stata un indice puntato. O premuto sulle labbra, a ordinare il silenzio. E’ un gesto molto antico, forse preistorico. (...) Per i greci il silenzio è trattenimento della parola. (...) Ed è proprio sull’alternarsi regolato fra parola e silenzio che si fonda l’assemblea della polis: gli uomini liberi hanno diritto di parola, quindi di essere ascoltati in nsilenzio. (Roberto Mancini).” ( Giulia Villoresi)   

E per concludere: l’Accademia del Silenzio.
“Lo sforzo del pensiero occidentale di mantenere la giusta misura tra parola e silenzio sembra essere fallito. Lo si evince dal fiorire di una letteratura difensiva (i nuovi omaggi al silenzio), che si inserirebbe nello stesso filone delle riflessioni fatte nei secoli passati, se non fosse che per un punto: spesso si tende ad ignorare l’ambiguità del silenzio, e dunque a banalizzarlo. Lo si trasforma in un’esperienza turistica, lo si riduce a sinonimo di pace, lo si configura nelle immagini importate dei giardini zen. E’ un aspetto segnalato con vigore da Duccio demetrio, filosofo e fondatore, con Nicoletta Polla-Mattiot, dell’Accademia del Silenzio, nota scuola di pedagogia che pubblica per Mimesis i suoi taccuini e varie opere de silentiis. Per falso romanticismo, spiega Demetrio, a volte cerchiamo il silenzio come fuga, e andiamo incontro al dramma. Perchè il silenzio ha anche un lato terribile (di prefigurazione della morte, per esempio) che per essere superato deve prima essere conosciuto. Solo così possiamo scoprirne a pieno il valore etico. Su questo si fonda il lavoro dell’Accademia. (Giulia Villoresi)                                                                                                             (NdA: segue un interessante disamina del contributo portato da un altro membro dell’Accademia, l’antropologo Paolo Anselmi dell’Università Cattolica di Milano e vicepresidente dell’Istituto italiano di ricerca sociale di Gfk Eurisko, nel suo saggio in uscita per Mimesis, Cercatori di silenzio, dove si commentano i risultati di una ricerca condotta dall’Accademia su 180 persone che raccontano la loro personale esperienza di silenzio, dove emerge con prepotenza il silenzio come rifugio dal rumore.)

“Quando pronuncio la parola silenzio la distruggo” – Wyslawa Szymborska (1923-2012)
(Da ‘Le frasi’ di Anastasia Martino)


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