mercoledì 19 ottobre 2016

TRASPARENZA DEL PATTO EDUCATIVO O OPACITA' DELLA CULTURA DEL SOSPETTO?


TRASPARENZA DEL PATTO EDUCATIVO 


O OPACITA' DELLA CULTURA DEL SOSPETTO?


                                                                                                      di Giorgio Macario


Cosa vogliamo insegnare ai nostri figli?
Quale messaggio vogliamo trasmettere loro?
Vogliamo trasporre in ambito educativo  il messaggio attribuito all'Onorevole Giulio Andreotti 'A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca', insegnando loro a non fidarsi di nessuno, men che meno delle persone a cui li affidiamo all'asilo nido e alla scuola materna?
E perchè allora non estendere la proposta dalle elementari alle scuole medie fino alle scuole superiori, in modo da poter allargare il controllo anche ai casi di bullismo sostituendo le buone intenzioni della ‘peer education’ con il ‘peer suspect’?
Sono quindi le educatrici e le assistenti nei nidi e le maestre d'infanzia nelle materne, ma potenzialmente anche i maestri nelle elementari e i professori nelle medie e nelle superiori, ad essere i maggiori sospettati di possibili molestie, vessazioni, maltrattamenti, abusi e quant'altro il repertorio delle nefandezze attuabili in ambito educativo possa produrre?
Perchè è questo il messaggio veicolato dalla recente proposta di legge che mira all'introduzione di telecamere di sorveglianza negli asili nido e nelle scuole materne – estendendo la percezione di ‘minorità’ agli anziani e alle persone disabili ospitate in strutture di accoglienza-, proposta sostenuta dalle firme 'di oltre 50.000 genitori', con l'aggiunta di qualche insegnante, a sentire gli organizzatori, ed in particolare il padre di famiglia che si fa portavoce della proposta sui mass-media.
Nelle intenzioni dei proponenti la visione dei filmati avrebbe dovuto essere a disposizione non solo dei magistrati e delle autorità di Pubblica Sicurezza bensì degli stessi genitori; così facendo si sarebbe potuto soddisfare pienamente l’esigenza (e la voglia) di  controllo dei genitori. Ma a riportare a più miti consigli i proponenti hanno pensato i loro stessi consulenti esperti, che hanno prospettato insuperabili problemi di privacy.
Purtroppo anche la formulazione -mitigata- dell’introduzione delle telecamere ad esclusivo vantaggio della magistratura alimenta ugualmente e contribuisce a diffondere una cultura del sospetto che rende quantomeno opaco il messaggio educativo.
Conosciamo, d’altra parte, la potenza dei messaggi mediatici che portano, ciclicamente, alla ribalta delle news e dei social media alcuni episodi di maltrattamenti fisici e psicologici anche gravi; ben consapevoli del fatto che centinaia di migliaia di altri episodi giornalieri di buon funzionamento educativo non hanno, praticamente mai, diritto di cronaca.



Ed allora, ferma restando la legittimità dell’opera di controllo e sorveglianza che può essere disposta in quella estrema minoranza di situazioni potenzialmente a rischio,  perchè l’occhio ‘meccanico’ della telecamera dovrebbe funzionare meglio dell’occhio ‘biologico’ del genitore? Perchè dobbiamo compromettere il patto educativo che stipuliamo e rinnoviamo quotidianamente con educatori ed insegnanti trasmettendo ai nostri figli il messaggio che non ci fidiamo di nessuno e, in fondo in fondo, neanche della loro capacità di ben-comunicare con noi eventuali problemi che si presentassero?
Le mille preoccupazioni, anche legittime, che ci assillano nella quotidianità dell’esistenza, non possono essere utilizzate come scusante.
La trasparenza del patto educativo che stipuliamo con chi si occupa dei nostri figli impone la pratica di una ragionevole fiducia, che è la stessa che dovrebbe permeare e arricchire la nostra competenza genitoriale.
Affinchè prevalga la trasparenza sull’opacità. E la qualità del patto educativo sulla indeterminatezza della cultura del sospetto.



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