lunedì 24 agosto 2015

IL GALLO SIAMO NOI

DON ANDREA GALLO 
E LA STRAORDINARIA QUOTIDIANITA' 
DELLA COMUNITA' DI SAN BENEDETTO AL PORTO

Al Festival Nazionale dell'Autobiografia (Anghiari, 3/6 settembre 2015) venerdì 4 settembre alle ore 17.45 nell'ambito della presentazione del volume 'Il Gallo siamo noi' di Viviana Correddu, Giorgio Macario dialogherà con l'autrice e con lo storico 'portavoce' di Don Gallo e della Comunità Domenico 'Megu' Chionetti, con una testimonianza prevista di Letizia Salerno Pittalis.

Di seguito la presentazione 'autobiografica' del volume di Viviana Correddu 'Il Gallo siamo noi', Ed. Chiarelettere, Milano, 2015, con la prefazione di Vasco Rossi.


Il testo ‘Il Gallo siamo noi’, fin dal titolo, ci parla della figura e del ruolo di Don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, valorizzando gli incroci fra le diverse storie di vita che ciascun autore propone.
Di qui, coerentemente, l’intento di orientare la presentazione in senso autobiografico.
Partirò quindi da uno scritto sull’autobiografia di Don Gallo del 2007, ‘Angelicamente Anarchico’, dove a suo tempo scrivevo: “…da formatore, la cosa che più mi è rimasta impressa (rispetto ai ‘suoi’ ragazzi) riguarda una breve formazione, non a caso sull’approccio autobiografico, condotta diversi anni fa con uno dei gruppi di operatori della Comunità di San benedetto al Porto, notoriamente piuttosto ‘autosufficienti’ dal punto di vista formativo.”
La Comunità è stata infatti considerata, per oltre 40 anni, una sorta di creatura vivente, pulsante ed inscindibile dalla figura del suo fondatore.
Oggi, dopo due anni trascorsi senza più la presenza fisica di Don Andrea, è proprio la “combriccola di gente a posto, che ha pagato il conto con l’esistenza e che ora riesce finalmente a vivere davvero e anche a sorridere” (come Vasco Rossi, nella prefazione al volume, definisce empaticamente e simpaticamente l’universo delle persone della Comunità) che prende la parola per testimoniare il cammino percorso insieme e la vita che prosegue.
Ed è Viviana Correddu, l’autrice principale del volume, a trovare le parole non formali per una dedica al Don intonata alla sua schiettezza: “Intanto, beccati questo! E’ per te, dai tuoi ragazzi.”

Il libro è suddiviso in due parti. Nella prima, ‘Anima fragile’, è la stessa Viviana a ripercorrere il cammino della propria rinascita “con Vasco nelle orecchie”, a partire da una mattina del 2007: “E’ iniziata una mattina la mia liberazione. Mi sono svegliata e il mio sguardo si è posato sulla mia immagine riflessa. Nello specchio ho visto una ragazza di quasi ventisette anni, il viso e il corpo troppo magri, il sudore appiccicato alla pelle e due occhi grandi, immobili, sgranati.” A partire da questa ‘Illuminazione’ iniziale sono diverse le parole chiave che guidano la scelta della Comunità (“Vado...però da Don Gallo!) e la descrizione dell’incontro fra Viviana e Don Andrea: autodeterminazione, protagonismo, fiducia (“La fiducia. Incredibile. Qualcuno poteva fidarsi ancora di me, di una tossica.), impegno politico, vita comunitaria. Ed è proprio il rapporto personale con Don Gallo, che “nasce leggero…un rapporto istintivo fatto di affinità ed empatia”, che ci restituisce non solo la grandezza e l’unicità del Gallo, ma anche il suo essere umano, evidenziandone pregi e difetti. Viviana in Comunità scrive molto, utilizzando in particolare la poesia per poter dar voce alle proprie riflessioni: una di queste, che nasceva da un dialogo interiore fra sé e la propria coscienza, viene anche scelta da Don Andrea per essere letta a due voci durante uno degli spettacoli itineranti cui si è dedicato in particolare negli ultimi anni della sua vita. (Così recita la strofa conclusiva: “E vi assicuro che lo fece / scoprendo in fondo / che non solo aveva snobbato il Mondo! / Ma che per anni / anche se stessa aveva tralasciato / come fosse un accessorio piccolo e slavato / di un GROSSO IO, / che valeva meno / di un urlato e maledetto oblio.) Partecipa nel 2008 anche ad un incontro in Comunità con il (proibizionista) Sen. Carlo Giovanardi, momento significativo che più tardi lo stesso Don le ricorderà con queste parole: “Ti ricordi con Giovanardi? Gliene abbiamo cantate quattro!”, e prosegue nel suo percorso in comunità, fino alla ripresa del lavoro di commessa in un supermercato ed alla decisione di andare a convivere con il proprio compagno Roberto, conosciuto proprio in Comunità.
Nel frattempo proseguono le partecipazioni di Viviana ai sempre più numerosi incontri e spettacoli che si organizzavano in giro per l’Italia, in particolare uno spettacolo teatrale intitolato ‘Angelicamente Anarchico’ sulla autobiografia di Don Gallo. I ricordi sono di altrettanti successi e standing ovation, ma, confessa Viviana, “a volte peccava semplicemente di egocentrismo”: impossibile programmare le entrate in scena durante gli spettacoli perché decideva al momento (fino a non utilizzare per niente, in un caso, le persone venute appositamente fino a Reggio Emilia da Genova), a volte era “stanco e scoglionato,…scorbutico e a tratti insofferente”, e “con noi il Gallo sapeva essere anche opportunista, acido e indisponente, ma con gli altri no.”
Gli aspetti critici sono però subito sovrastati da una riconoscenza quasi incondizionata: “La sua profondità, l’amore che riusciva a trasmetterti per la vita, la sua capacità di valorizzare tutto ciò che eri, che eri stato, e darti continuamente stimoli nuovi per costruire ciò che saresti voluto diventare facevano passare in secondo piano ogni suo difetto e incoerenza che, in confronto alla potenza del suo essere al tuo fianco, sembravano svanire e perdersi.”
Nel 2012 nasce la figlia Elena Luna, che Don Gallo battezza certo in nome del Padre…ma anche dell’Antifascismo, e l’anno successivo è quello della scomparsa di Don Gallo, che viene ricordata da Viviana nel proprio dolore personale oltre che nell’abbraccio delle migliaia di persone accorse a Genova per porgergli l’ultimo saluto.
Lo smarrimento del ‘dopo Don Gallo’ viene affrontato da Viviana anche con la scrittura, e proprio con la stesura di questo contributo personale e di raccolta delle “storie degli altri. Il Gallo degli altri.”
Noi siamo i soliti, quelli così, siamo i difficili, fatti così. Noi siamo quelli delle illusioni, delle grandi passioni, noi siamo quelli che vedete qui. Noi siamo liberi, liberi, liberi di volare! Siamo libri, liberi di sbagliare! Siamo liberi, liberi di sognare! Siamo liberi di ricominciare…”, ci dice richiamando ancora una volta le parole di Vasco.

La seconda parte del volume, ‘I figli del Gallo’, contiene diverse riflessioni appositamente sollecitate o ricevute, che riguardano i tantissimi per cui “Andrea è stato padre, nonno, maestro, educatore.” Ed è proprio l’incrocio di vite diverse fra loro ma unite nel rapporto con il Gallo che descrive un universo di varia umanità e grande potenza trasformativa. Letizia, che apre queste testimonianze, rappresenta per molti versi un unicum: oggi venticinquenne, figlia di una operatrice ‘storica’ della Comunità, nasce alla fine degli anni ’80 in una delle strutture di San Benedetto ed ha conosciuto il Don, da sempre, come ‘il nonno Gallo’. Ha solo tre anni quando il padre, entrato in comunità come tossicodipendente, muore, e ne ha poco più di venti quando accompagna questo “straordinario” uomo, di cui è quasi nipote, nel suo ultimo viaggio, avendo in precedenza ulteriormente apprezzato quanto ‘il nonno Gallo’ fosse stato grande nell’aver accettato, senza battere ciglio, la presentazione della sua fidanzata, Morena.
Ma ci sono anche le testimonianze di Tommaso lo scout che diventa sacerdote; Andrea il fonico-anarchico che da ateo apprezza i suoi insegnamenti votati all’accoglienza; Ilaria la volontaria che apprende dalla Comunità come conoscersi meglio giocando ‘a carte scoperte’; e molti altri ancora.
Sono, infine, due esponenti della Comunità fra i più noti, Domenico Mirabile e Domenico ‘Megu’ Chionetti, ad annotare –in appendice ed autobiograficamente, ça va sans dire- l’intreccio fra le le rispettive storie, la Comunità e il Gallo. 
“Nulla è come prima, il Gallo manca, forse più fuori che dentro la Comunità”, dice Chionetti in chiusura, ma –prosegue- è la declinazione dei suoi ideali al presente che può consentire alla comunità di sopravvivere alla scomparsa del proprio fondatore.
Ne ero già quasi certo, ma dopo aver letto queste testimonianze di intrecci vitali ne sono più che convinto: il Gallo ha ben seminato e molti dei suoi insegnamenti gli sopravviveranno. (Giorgio Macario)

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