2 luglio 2014, Piazza del Carmine, Genova.
44 anni dopo l’esodo forzato di Don Andrea Gallo
circondato dall’ostracismo delle gerarchie ecclesiali e dal sostegno popolare
di chi, forse per la prima volta, riusciva a comprendere le parole di un
‘inviato’ del Signore in terra.
404 giorni dopo che il nostro 'prete di strada', come amava
definirsi lui stesso, ha ripercorso all’inverso lo stesso tragitto portato a
spalla alternativamente dai suoi ragazzi della Comunità di San Benedetto al
Porto e dai portuali genovesi, accompagnato da migliaia e migliaia di compagni
di strada di tutte le provenienze, io fra loro.
La piazza è alternativamente riscaldata dalla luce del
sole al tramonto, rassicurata dalle note dei musicisti che si alternano sul
palco e solcata dalle parole che esprimono vicinanza, stima e impegno.
Ma soprattutto è rincuorata dai ricordi del Don, vissuti
attivamente dai suoi ragazzi, condivisi altruisticamente dal alcuni, conservati
gelosamente da tutti, nessuno escluso.
E’ questo l’unico grande e concreto miracolo di questo
inconsueto ‘prete di strada’: lui attivava risorse interne spesso sconosciute
al loro stesso proprietario, riattivava la poco autostima ancora in
circolazione, favoriva sviluppi resilienti entro percorsi facilmente votati
alla disperazione.
Ed è proprio per questo che la piazza si riempie, la
gente ritorna ed il prodigio laico si ripete ancora una volta: come se l’anno
scorso fosse tornato non per salutarci un’ultima volta, ma per restare per
sempre.
Il murales provvisorio della scalinata vede un bambino
triste che dice sconsolato: “Mi hanno rubato il prete.”
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