domenica 9 settembre 2018

L'INDIMENTICABILE FESTIVAL DELL'AUTOBIOGRAFIA 2018


UNO SGUARDO AUTOBIOGRAFICO SUL FESTIVAL LUA-2018



di Giorgio Macario


 
‘Vivere e scrivere il tempo’ è una tematica che rimarrà a lungo impressa nella memoria degli oltre 200 partecipanti al Festival dell’Autobiografia 2018, e non solo.


Le migliaia di visualizzazioni sui social network che hanno preceduto di alcuni mesi l’evento realizzatosi -come gli anni scorsi- ad Anghiari nel primo fine settimana di settembre, con le anticipazioni pubblicate sul nuovo sito della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (www.lua.it ), e le news-letter inviate agli amici della LUA, unitamente alla presenza  di notizie sul Festival nei Media nazionali ( Il quotidiano La Repubblica l’ha indicato fra i 100 Festival di rilievo per il 2018 a livello nazionale) e locali, oltre al consueto passa-parola fra gli amici della LUA, hanno certamente contribuito al successo dell’evento.


L’avvio del Festival ha visto i saluti del Sindaco di Anghiari Alessandro Polcri, alcune considerazioni in tema della Presidente della LUA Stefania Bolletti e l’introduzione ai lavori del fondatore Duccio Demetrio.



“Se qualcuno mi chiede cos’è il tempo lo so, ma se mi si chiede di spiegare il tempo, non lo so.” Così Salvatore Natoli, filosofo e ordinario di Filosofia teoretica all’Università Bicocca di Milano, ha avviato gli approfondimenti tematici, citando Agostino nelle Confessioni, con la sua Lectio Magistralis su ‘Tempo, filosofia e scrittura di sè’. Ha parlato di un tempo ‘anziano’, nell’ambito del quale il futuro nasce per morire, e rispetto al quale l’uomo ha bisogno di eternità per potersi sottrarre al tempo, facendo naufragio per uscire dal tempo che si consuma. Ed ancora, citando il fatto che noi siamo la nostra memoria, memoria fatta di dimenticanza; se non avessimo l’oblio non avremmo la memoria, e siamo quindi molto di più di quello che emerge alla memoria, siamo molto di più di ciò che emerge in noi. Poichè essere fatti di memoria -ha proseguito Natoli-, trama di memoria, vuol dire essere costruiti da ciò che è altro da noi; non basta perciò raccontarsi, ma occorre cercare e cercarsi. E l’autobiografia appare quindi una operazione non facile, poichè bisogna esaminare ciò che si è fatto, essere censori di se stessi; ma anche condannarsi non è detto sia una soluzione, poichè è possibile farlo per sentirsi giustificati.  Confessarsi è quindi una modalità possibile per esaminarsi, ci si può infatti confessare a se stessi, ma ci si può altresì confessare ad un altro; e la confessione può essere espressa nella scrittura, perchè gli altri possano vedere come io ho fatto, come esempio per indicare una strada o sapere come gli altri possono accogliere quanto scrivo. Queste alcune delle riflessioni offerte ad un teatro stracolmo di persone in attento ascolto. Fino a giungere alla conclusione relativa alla domanda: “Come superare la delusione del tempo?” Salvandolo nell’infinito -ci dice Natoli- ma anche sapendo che si può essere sempre felici se ad ogni momento si ha la capacità di cogliere tutta la gioia possibile; è così che momento dopo momento, si finisce con l’essere felici. E’ per questo che il segreto sta nel fatto che più sa di se stessi e più si avrà la capacità di afferrare il mondo. 


Il tentativo di sintesi parziale di un contributo così denso, illuminante e approfondito, quale quello offerto da Salvatore Natoli, non è certamente all’altezza del compito e riprende solo alcuni degli aspetti che più hanno risuonato in me, ma è motivato dal tentativo di trasmettere anche alle persone non fisicamente presenti il motivo del suo essere stato accolto, al termine dell’intervento, da un interminabile e convinto applauso corale.



Un analogo applauso ha accompagnato le due esibizioni di Emanuele Ferrari, pianista e ricercatore di musicologia: un musicista-docente dotato di una rara presenza scenica, che ha alternato magistrali esecuzioni di brani classici con esemplificazioni verbali su come fosse possibile ascoltarli comprendendone sfumature e significati diversi, segmentandone l’esecuzione e intonando arie capaci di illustrare le diverse sonorità;  accompagnando quindi il pubblico fra le sue lucide dissertazioni, alternando immersioni emotivamente coinvolgenti al pianoforte con domande non retoriche rivolte ad un pubblico particolarmente attento.




I due contributi citati sarebbero bastati, da soli, a giustificare il viaggio fino ad Anghiari dalle diverse parti d’Italia, sicuramente il mio da Genova. Ma il loro concentrarsi nel pomeriggio-sera del venerdì, unitamente ad approfondimenti poetici molto significativi ed alla presentazione del nuovo circolo LUA di scrittura autobiografica in cammino ‘D.H.Thoreau’, ha contribuito al diffondersi fra i presenti nel teatro esaurito, di una soddisfazione palpabile carica di ulteriori aspettative.





Il tempo non molto clemente che minacciava pioggia per la giornata successiva, ha costretto ad alcuni aggiustamenti logistici pur consentendo la realizzazione di qualche attività all’aperto. La mattinata del sabato, svoltasi in teatro come il pomeriggio precedente, ha consentito l’approfondimento della variabile tempo in connessione alla letteratura (P. Di Paolo), all’inconscio (N. Terminio), alle immagini di sè (S. Ferrari), alla scrittura (C. Schammah) e alla lettura (F. Scrivano), così come nel primo pomeriggio altri esperti e docenti universitari, in gran parte colleghi membri del Consiglio Scientifico del Centro Nazionale di Ricerche e Studi Autobiografici, sono state esplorate le tematiche relative alle generazioni (P. Jedlowski), alla lentezza (G. Nuvolati), alla natura (G. Accinelli) ed alle infanzie (G. Bandini), in connessione con il fattore tempo.




Se poi nella sosta pranzo diverse decine di partecipanti hanno potuto realizzare i previsti Laboratori di scrittura in cammino per le strade di Anghiari, con l’esplorazione dello scrivere autobiografico, dell’apparire del desiderio, delle prime parole, della trama e dell’epilogo ed oltre, potendo contare ancora sull’assenza di pioggia, nel pomeriggio inoltrato le nove diverse presentazioni di decine di volumi, progetti e ricerche ‘Ai tavolini dei caffè’ di Anghiari, sono state tutte realizzate usufruendo degli spazi al coperto causa una pioggia a tratti battente.


Dall’infanzia alle autobiografie di cura, dai giovanissimi scrittori al tempo delle comunità, dalla saggistica autobiografica alle letture al leggio, per non citarne che alcune, tutti i partecipanti hanno avuto modo di scegliere fra le aree di approfondimento quella più gradita.



Certo, avendo io cooordinato la presentazione della sessione ‘Da un tempo all’altro: generazioni’, mi concedo in questo spazio una citazione autobiografica relativa alla presentazione dei lavori.




“Ci dice Eugenio Borgna, che premiamo quest’anno con il Premio Città dell’Autobiografia, relativamente al suo testo ‘Il tempo e la vita’ del 2015: ‘La realizzazione più profonda di una vita che non sia chiusa dentro ai muri dell’egoità, per non dire dell’egoismo, si può ottenere soltanto se partiamo dalla coscienza che noi siamo anche ciò che diamo agli altri, che realizziamo fino in fondo le nostre aspirazioni solo quando siamo in relazione con gli altri.’ Se vivere e scrivere il tempo è l’argomento generale di questa edizione odierna del Festival, il significato di questa sessione dedicata alle generazioni che si confrontano, si intrecciano, ma anche si ascoltano, è proprio l’avvio di questo essere non da soli, ma in relazione con gli altri. E non è un mistero che questa disponibilità all’ascolto degli altri parta proprio alla capacità di ascoltarsi e di valorizzazione autobiografica; e, ancora, che dalla capacità di ascolto e di memoria  che riguarda in primo luogo i propri genitori ed i propri figli si concretizzi una valorizzazione biografica che si può facilmente estendere a persone che sentiamo vicine così come ai loro genitori e figli.” E proprio queste tematiche sono state affrontate nel confronto allargato che ha coinvolto i cinque autori (D. Alfonso, A. Macario, S. Di Paolo, M. Moreschini, G. Diquattro) che hanno presentato altrettanti volumi pubblicati fra il 2017 ed il 2018.



Se la serata di sabato 1 settembre ha visto una significativa rappresentazione teatrale dal titolo ‘MemoriaControErosione. Il cibo nella valigia’ di Andrea Merendelli ed Effetto K, la mattina conclusiva di domenica 2 settembre ha racchiuso in un tempo contenuto, oltre ad alcune presentazioni sul tempo nei romanzi autobiografici, sia la presentazione dei lavori del Premio Città dell’Autobiografia-Sezione Studi e Ricerche (con la premiazione della tesi magistrale in area etno-antropologica di Ilaria Bracaglia su ‘Genua ist uberall. Un viaggio tra i paesaggi del G8 di Genova’, che ho particolarmente apprezzato), sia le successive premiazioni finali. Eugenio Borgna, fra i più eminenti psichiatri italiani, che per motivi di salute non ha potuto essere presente, ha ricevuto il Premio Città dell’Autobiografia 2018, inviando un toccante saluto presentato e letto da Duccio Demetrio; successivamente ad Antonio Prete -poeta e maggior esperto dell’opera di Leopardi in Italia- è stato conferito il Premio per la saggistica letteraria.





Un Festival, in conclusione, che difficilmente sarà dimenticato e che ha riproposto a tutti -per citare il fondatore della LUA, Duccio Demetrio- “la complessità del tempo, dinanzi alla opacità dei giorni incogniti; delle parole perdute per sempre e perciò da reinventare, dei confini soggettivi inviolabili dalla stessa scrittura, (che rappresenta) la sfida che essa ci propone.” Con l’ulteriore sfida per un Festival 2019 ancor più memorabile.






2 commenti:

  1. Mi dispiace di non esserci stata. Cari saluti a tutti. FS

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    1. Ricambio i saluti. Al prossimo anno, se ci sarà modo di incontrarsi. GM

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