venerdì 30 dicembre 2016

LA VERGOGNA di BORIS CYRULNIK

LA VERGOGNA

di BORIS CYRULNIK
(Codice Edizioni, 2011)

                                                             Presentazione a cura di Giorgio Macario

Perché, approfondendo il tema della resilienza, parlare di vergogna? E perché merita approfondire il tema della vergogna? Perché se ne parla pochissimo.
Tutt’al più è oggetto di ‘racconti silenziosi’ o discorsi non condivisi che, come ci dice Boris Cyrulnik in uno dei suoi volumi più recenti (Codice Edizioni, 2011) dove la elegge a principale sentimento da analizzare, ciascuno terrà nella profondità della propria intimità.

Una vera e propria storia senza parole, un “basso parlante, che mormora in sottofondo un racconto inconfessabile”.
Niente più di un bisbiglio, un sussurro; ma anche un sentimento che viene messo in scena nel proprio teatro intimo, di cui non si può parlare per timore di quello che potrebbero dirne gli altri. Un destino che forse può essere anche dominato, non solo subito.

Boris Cyrulnik al II Congresso Mondiale sulla Resilienza - Timisoara, 2014

Conoscersi meglio vuol dire comprendere e comprendersi meglio anche esplorando aspetti poco trattati e quindi molto silenziosi, certo, ma non per scelta, più per vergogna.
Il cammino che l’autore intraprende, con questo scritto, appare quasi una discesa in profondità relativamente ad uno specifico aspetto che solo in apparenza appare distante dal contributo autobiografico del suo precedente scritto, ‘Autobiografia di uno spaventapasseri’ (2009, cfr. http://www.giorgiomacario.it/?p=59 ), pure dedicato alle strategie per superare le esperienze traumatiche.

Gli apporti conoscitivi e riflessivi connessi all’evoluzione della vergogna nell’uomo, riportati nel volume, sono innumerevoli: resilienti (‘il sentimento di vergogna che impedisce qualsiasi tentativo di resilienza’), psicologici (‘la psicologia della vergogna’) e  psicoanalitici; narrativi e biografici (il caso di Marcel adottato all’età di 10 anni, che si vergogna nel non saper rispondere agli slanci affettivi della madre adottiva), ma anche culturali e interculturali (‘Una stessa ferita può dunque sperimentare passaggi di genere diverso a seconda della cultura di accoglienza…); sociali, antropologici (‘In altre civiltà scoperte di recente -1951- presso i baruya della Nuova Guinea gli adulteri erano sventrati e il loro fegato strappato messo a seccare su pali piantati nella piazza del villaggio’) ed etnologici (le osservazioni dei comportamenti di Germaine Tillion presso i berberi); etologici e neurobiologici (‘Neurobiologia di una timidezza acquisita’); intersoggettivi (‘Guardami quando ti parlo’ si richiede in maniera perentoria ad un bambino in occidente, mentre ‘in molte altre culture gli adulti percepirebbero l’affrontarsi degli sguardi come sfacciataggine’) e molti altri ancora.

A cena in compagnia di Boris Cyrulnik - Timisoara, 2014

In realtà l’apporto autobiografico sembra respirare sottotraccia in tutti i riferimenti riflessivi, espressi con modalità ‘razionalmente empatiche’ o ‘empaticamente razionali’ che dir si voglia: le riflessioni, le considerazioni, le rappresentazioni, ma anche le sofferenze, le vulnerabilità, i traumi ed ancora le reazioni resilienti, i riscatti, le ri-uscite dalla sofferenza, pur supportate da solidi impianti metodologici ed approfondimenti storico-antropologici e scientifici, appaiono permeate da vissuti ed esperienze personali che si avvertono sconfinate.


L’ammissione finale è, questa sì, scopertamente autobiografica: “La narrazione della mia infanzia mi è un po’ sfuggita…ho reso pubblica una storia che credevo intima”, relativa all’attribuzione della medaglia dei Giusti a Marguerite Lajujie, istitutrice che durante la Seconda Guerra Mondiale si prese cura dell’Autore, mentre i genitori di Cyrulnik morivano durante la deportazione, restituisce una dimensione umana dell’autore di rara limpidezza.
“Dopo la vergogna di essere senza famiglia, di essere stato cacciato dalla società, considerato meno di un uomo, improvvisamente sorprendevo, nello sguardo altrui una curiosità, quasi un’ammirazione che trovavo divertente ed immeritata.
Niente era cambiato nella realtà. Tutto aveva subito una metamorfosi nella loro rappresentazione di questa realtà. E non provavo più vergogna!”

Un percorso dalla vergogna alla fierezza, esente da scorciatoie e ricette semplificanti, che pone un’ulteriore ed importante tessera nel mosaico dell’universo resiliente che Boris Cyrulnik ha contribuito a creare per il progresso dell’umanità.

Pubblicata in Psicologi e Psicologia in Liguria, N. 3 - dicembre 2016  
    


                                                                                               

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