mercoledì 21 dicembre 2016

A UN METRO DAL PALCO di VINCENZO SPERA

VINCENZO SPERA (con Renato Tortarolo)


A UN METRO DAL PALCO
Autobiografia di un promoter

(Il Nuovo Melangolo, Genova, 2016)

                                                     Presentazione autobiografica di Giorgio Macario

Uno dei motivi per cui mi sento abbastanza ‘vicino’ a Vincenzo Spera è che anche lui, fin da giovane, non si è mai accontentato di occupazioni e lavori del tutto predefiniti,  ben strutturati, già sicuri in partenza. Ci sono sempre state le persone al centro del suo interesse: “migliaia e migliaia di esperienze e rapporti, a volte duraturi, a volte fugaci, ma sempre molto intensi.”


Un secondo motivo è legato al fatto che quando lui era già responsabile dell’organizzazione di concerti sul territorio genovese (e non solo), io ero responsabile di un gruppo di adolescenti, vispi e problematici, che riuscivo a far entrare ad ascoltare musica a prezzi, diciamo così, di favore. 


Vincenzo, infatti, è sempre stato sensibile alla solidarietà: lui si domanda infatti “se la musica, rock o leggera, nata per protestare o cambiare il corso delle cose abbia anche obblighi morali” e si dà una risposta positiva citando diverse mobilitazioni fra gli organizzatori di concerti, dall’alluvione a Genova al terremoto in Abruzzo  ed a quello in Emilia Romagna; ma quello che posso assicurare è che la sua sensibilità era tale anche quando non era così conosciuto come oggi.


D’altra parte, a conferma di ciò, basta scorrere alcune delle lusinghiere considerazioni danategli da un gran numero di artisti che, tramite lui, si sono esibiti: “Vincenzo (...) carattere forte e risoluto che però non ha impedito alla sua anima di rivelarsi.” (Franco Battiato); “Tu (...) ami la musica e i musicanti. E li metti anche in scena.” (Francesco De Gregori); “Vincenzo non ha mai fatto distinzioni, per lui gli artisti in quanto tali, indipendentemente dal nome, meritano il rispetto e la giusta accoglienza.” (Beppe Barra); “Vincenzo (...) era spinto da grande passione. Aveva ed ha grande rispetto e amore per la musica e quindi per tutti quelli che la fanno.” (Edoardo Bennato); e così di seguito da Conte a Guccini, da Ligabue a Beppe Grillo.

Ma cercando di dare un nome a questa sua ‘Autobiografia di un promoter’, la definirei una ‘autobiografia professionale’ di vita vissuta, non certo asetticamente rivolta a celebrare i propri successi occultando le possibili zone grigie.


E così le centinaia di concerti organizzati (33 pagine fitte cronologicamente elencate in fondo al volume) con moltissimi cantanti italiani (a partire dai suo ‘testimonials’) e star della musica internazionale  (da Joan Baez ad Eric Clapton, da Frank Zappa a Peter Gabriel, dai Rolling Stones a Ella Fitzgerald) alla presenza di milioni di spettatori, non sono che un pretesto per la narrazione di aneddoti che contribuiscono ad umanizzare vizi e virtù degli artisti incontrati, accompagnati ed assistiti nelle loro esibizioni, realizzate a volte con accorgimenti e soluzioni originali ai limiti delle umane possibilità.  Perchè, come afferma David Zard in una testimonianza che ‘vale doppio’ perchè fatta da un collega di Vincenzo fra i più affermati in Italia, “Vincenzo era un ragazzo entusiasta che pur senza molti mezzi finanziari voleva che a Genova venissero i più grandi artisti del mondo dai Rolling Stones ai Pink Floyd, era testardo (...) Il suo atteggiamento mi ha sempre incantato ed alla fine mi convinceva a fare un concerto a Genova piuttosto che in un altra città.”


Che si sappia, quindi, a chi dobbiamo, in gran parte, la realizzazione di eventi nazionali e internazionali in quel di Genova. Compreso un concerto al quale ho preso parte personalmente e che non si è trasformato in tragedia -apprendo adesso- proprio per la capacità di Spera/organizzatore di trovare soluzioni originali  e gestire l’emergenza in frangenti altamente problematici. Racconta infatti Spera: “L’anno in cui al Palasport organizzai lo spettacolo di Eric Clapton non esisteva ancora una commissione di vigilanza che ti dice quanta gente potrai ospitare in un certo posto. Solo a Milano avevamo venduto più di 17 mila biglietti, al Palasport si presentarono in 30 mila. Troppi. (...) Poteva finire male (...) Così proposi al funzionario in servizio di fare un grande cordone fra quelli che avevano il biglietto e quelli senza. In quel modo riuscimmo a filtrare quasi diecimila persone. (...) Alla fine la folla salì a quarantamila persone.” Il 3 maggio del 1983 io ero lì, a Piazzale Kennedy, in compagnia della mia futura consorte, pigiato come mai mi era capitato in una folla di migliaia di persone. Ad un certo punto -la mia ‘stazza’ me lo consentiva- ho irrigidito i muscoli del corpo per non ondeggiare nella calca e lasciare un minimo di spazio per respirare a me ed a Loriana. Finchè, molto lentamente, si è riusciti a defluire ed infine ad entrare nel Palazzetto dello sport. Ma non so quanto avrei resistito, e come me e più di me, molti altri. Del concerto ho un vago ricordo, in particolare della bravura di Clapton, ma quella calca me la ricordo nitidamente. E, grazie a questa autobiografia, oggi so anche a chi dobbiamo lo scampato pericolo.  Grazie Vincenzo, anche per questo.

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