giovedì 22 agosto 2013

La festa del grande Cocomero

        Anghiari, domenica 18 agosto 2013

                                             

Una porchetta intera viene fagocitata da alcune centinaia di mezzi panini distribuiti ai convenuti (oltre 200, forse 300) e seguita da quella che sembra una pancetta di maialino arrosto.
Ma sono i cocomeri a spopolare: di tutte le misure dal grande all’extra-large, si avvicendano su di un altro grande tavolo e suddivisi in mezze fette vengono consumati a getto continuo, anche perché molto freschi. Una vasca, infatti, è stata riempita d’acqua e reffreddata da bottiglie di ghiaccio, e lì le angurie si avvicendano senza sosta.
Ogni tanto , poi, è lo stesso Talozzi a recuperarle con una carriola a tre per volta, proveniente dall’altra ala della grande casa dove sono esposte molte delle opere del Giorni.
Due capienti contenitori, colmi di vino bianco fresco l’uno e di vino rosso l’altro, sono dotati di comodi spillatori che consentono, alla stregua di un rubinetto per l’acqua lì accanto, di servirsi da sé senza troppe complicazioni.
La grande spianata erbosa è sempre colma di persone che appena fan riposare le mascelle vengono invitate dai padroni di casa a servirsi nuovamente.
Ma non sono pochi, e io fra loro, quelli che si spingono oltre a visitare più volte l’orto del Talozzi, detto anche l’orto delle ricordanze: decine e decine di cocomeri sono adagiati lungo filari raso terra, circondati da pomodori, zucchine peperoni, girasoli, peri, meli e chi più ne ha più ne metta.
Ma non è solo un semplice orto, è l’immagine stessa dell’abbondanza e riflette la cura che è stata impiegata nel farlo crescere.
La condivisione del cibo, merito essenzialmente del Talozzi, è niente rispetto alla possibilità che viene data a ciascuno dei presenti, di immergersi nel clima delle ricordanze e, varcata la soglia dell’orto,assimilare l’humus vitale che permea dal terreno.
E’ una rinascita fisica che nutre il corpo e risveglia i ricordi.
Ed è anche una rinascita estetica guidata dalle meraviglie scultoree di Gianfranco Giorni, padrone di casa e artista che appare immerso in uno scambio simbiotico con Franco Talozzi e il suo orto-Eden.
Ma non basta, perché in realtà si tratta anche di una rinascita culturale a tutto tondo, immersa nella natura e benedetta dal flusso costante dell’acqua viola. Viola per il guado che veniva messo a macerare o per una Dea lì dimorante? Poco importa.
Il sole gradatamente scompare all’orizzonte mentre una luna tonda e luminosa si alza nel cielo della sera anghiarese.
Un’ombra fresca accompagnata da una leggera brezza trattiene gli ultimi convenuti che faticano a staccarsi dalla magia del luogo.
La compagnia è piacevole, le chiacchiere leggere o impegnate scorrono via lisce, l’ultima fetta di anguria viene gustata nella convinzione che in simili circostanze, per quest’anno, non sarà più possibile assaporarla.
Il Giorni e il Talozzi fanno il pieno di ringraziamenti sinceri.
Ma non bisogna farsi ingannare dall’apparente bonarietà dei personaggi: sono dei combattenti nati e siamo certi  che il loro presidio vigile ed efficace non verrà meno.
C’è solo da augurarsi che il loro esempio, per quanto unico, possa fare ‘scuola’.
Non tanto e non solo per noi, quanto per i nostri figli e i nostri nipoti.

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